Conosci Brescia? Ecco la nuova rubrica del GdB

Dov'erano vicolo del Melone o della Sardella gioiosa? Qual era l'area chiamata «Canton delle rovine»? Si può parlare di un quartiere ebraico anche nella nostra città? E qual è la caratteristica che la accomuna a Roma, a Napoli, alla capitale francese e a pochi altri centri urbani in Europa? In una parola: «Conosci Brescia»?
È, quest'ultimo, il titolo della nuova rubrica curata da Paola Baratto e avviata sulla versione cartacea del nostro quotidiano, nelle pagine dell'Agenda, dove verrà ospitata il mercoledì e la domenica. Leggete qui in anteprima le domande e il giorno successivo troverete sul giornale le risposte. «Conosci Brescia»? Scoprilo con noi.
CONOSCI BRESCIA? di Paola Baratto (www.paolabaratto.it)
26 - Se oggi abbiamo le enoteche, le vinerie... un tempo, almeno fino a metà Ottocento, parte d’una via del centro storico era chiamata «Mercato del vino». Quale? Era il tratto occidentale dell’attuale corso Zanardelli, dove una volta si svolgevano vivaci commerci, tra cui quello del vino. Successivamente, i mercati vennero decentrati, quindi spostati a porta
Sant’Alessandro, oggi piazzale Cremona.
25 - Ci appare assorta nel silenzio e nella penombra del suo giardino. Alle sue spalle, inaspettato: un boschetto. I ragazzini, che negli anni Trenta abitavano l'odierno Borgo Trento, la chiamavano la Casa degli Spiriti. Arricchendo d'un brivido il suo fascino peculiare. Dove si trova e cosa originava questo appellativo? Il suo nome era Villa Cottinelli. La bella costruzione in mattoni rosa e torretta sorge un po' nascosta in via delle Grazzine (che si snoda sinuosa tra via Stretta e la Triumplina), «infestata» unicamente dall'incanto della sua condizione appartata e della sua atmosfera d'altri tempi. Infatti, era soltanto la singolare architettura ad aver eccitato la fantasia dei ragazzini. «Con i tetti spioventi in piombo e con le banderuole metalliche, sulle cime cuspidali» annotò anni dopo uno di loro, lo scrittore Lino Monchieri, ne «Il mio Borgo». Così coronata dal bosco richiama l'immagine di certe antiche ville nella campagna della Normandia. Una suggestione immediata che la modernità degli alti edifici attorno subito dissolve.
24 - Brescia compare nel titolo d'un racconto di Franz Kafka. C'è un evento che lega la città al grande scrittore praghese di lingua tedesca, una manifestazione di cui qualche anno fa si celebrò il centenario. Quale? Il 29 settembre 1909, sul quotidiano praghese «Bohemia», uscì uno dei primi racconti di Kafka: «Gli aeroplani a Brescia». Insieme a Max e Otto Brod, Kafka aveva assistito al primo Circuito Internazionale nella zona di Montichiari, dall'8 al 20 settembre 1909. Numerose personalità titolate, uomini di cultura (tra cui Giacomo Puccini e Gabriele D'Annunzio) e persone comuni seguirono gli esaltanti esperimenti di volo di 14 piloti, tra cui Louis Blériot, Glenn Curtiss e Mario Calderara. Nella cronaca dello scrittore ceco corre il brivido delle evoluzioni degli aviatori, ma spicca anche l'interesse per i comportamenti degli spettatori. (Nel 1913 Kafka avrebbe poi soggiornato per cure nel sanatorio Von Hartungen a Riva del Garda, località che aveva conosciuto durante quel primo viaggio).
23 - Dove si trovava una delle più antiche... «Spa» termali di Brescia? Gli scavi archeologici sotto Palazzo Martinengo Cesaresco, terminati nel 1998, hanno riportato alla luce i resti d’un vasto complesso termale pubblico, di età Flavia, cui si accedeva dal Foro romano: parte d’una vasca monumentale dal pavimento in cocciopesto (materiale edilizio impermeabile) e i frammenti dei marmi colorati delle pareti.
22 - Non ha niente a che vedere con le Olimpiadi. Né con i quotidiani ritmi frenetici cui è spesso costretto l’universo femminile. Ma a Brescia un tempo si svolgeva la «corsa delle donne». Dove? Era una tradizione ludica medioevale. Il punto di partenza era la torre della Pallata, il punto d’arrivo quella di Porta Bruciata. A seguire gli uomini.Ma il via, per i fanti, scattava all’altezza dell’attuale piazza Garibaldi, mentre i cavalieri partivano da molto più lontano, verso il Mella, lasciando così... cavallerescamente alle signore un certo vantaggio. Per un breve periodo, la torre più celebre della città, la Pallata, fu anche un
carcere femminile.
21 - Davanti alle edicole votive disseminate tra città e campagna fiorisce un sentimento religioso molto vivo, nato spontaneamente dal basso. E, spesso, è dal popolo che derivano i loro nomi. Nel centro di Brescia, c’è una Madonna con Bambino chiamata «Madóna dei öciai», ovvero, degli «occhiali». È la protettrice dei miopi? Oppure... A cosa deve questo soprannome? Si tratta d’una «santella» in via Gabriele Rosa, all’angolo con via Antiche Mura. Nel corso dei secoli, l’edicola ha ospitato tre diversi dipinti (l’ultimo è stato posto nel 1983), salvaguardati dalle intemperie grazie ad una copertura di legno. Solo i volti della Vergine e del Bambino erano resi visibili. A tale scopo, nel legno erano stati praticati due fori tondi, che ai bresciani ricordavano gli occhiali.
Oggi il dipinto (opera di Mario Pescatori) si può vedere nella sua interezza. Mai volti della
Madonna e di Gesù sono protetti da due cerchi trasparenti. Simili a lenti...
20 - Alcuni la chiamano piazza del Mercato, altri piazza delle Erbe. Qual è, dunque, la giusta denominazione della bella piazza affacciata su via Gramsci? Il nome odierno è piazza del Mercato. L’altro è una eco del passato, rimasta viva nella memoria cittadina.
Lo slargo, posto ad un livello più elevato del corso Palestro che si allunga a sud, risale al
1400. In quell’epoca, essendovisi stabiliti diversi mercanti di panni e di lino, era detto
anche piazza del Lino e dei panni. Successivamente altre funzioni lo fecero ribattezzare piazza dei Commestibili o delle Erbe; infine piazza Nuova, fino al 1897.
19 - S. Ambrogio è un nome che richiama subito alla mente Milano. Eppure, anche a Brescia era stata consacrata una chiesa a suo nome. Dove? La chiesa di S. Ambrogio, del XIII secolo, sorgeva sul sito dell’attuale Quadriportico. La pianta e la decorazione di derivazione romanica dell’edificio originario vennero arricchite, nel XVII secolo, con elementi barocchi. La chiesa, tuttavia, fu abbattuta nel corso della demolizione che interessò tutto l’antico quartiere medievale. Parte dei materiali, come pure alcune opere pittoriche, sono state trasferite in altri edifici religiosi o comunali cittadini.
18 - Altissimi monumenti di archeologia industriale dominano la zona occidentale della città. Quali? Sono le tre torri delle «calchere», che svettano sopra ponte Crotte. Antiche fornaci per la produzione della calce, furono man mano costruite dal 1875 ai primi del Novecento. Funzionavano a fuoco continuo. Insieme al materiale proveniente da una cava di Nave, venivano utilizzate anche pietre calcaree raccolte dai renaioli sul greto del Mella. Da tempo non più in attività, sono vincolate dai Beni culturalicome interessante documento del lavoro e dell’industria bresciani.
17 - Impossibile non vederlo quando si percorre via Trieste: il ligneo bue dorato, che domina l'angolo con via Agostino Gallo dall'alto d'un elegante baldacchino, sembra quasi un cavallo in parata. L'antica insegna d'un commerciante, probabilmente. Al suo riguardo si narrano almeno due leggende ed una storia vera. Le conoscete? Si dice che nella piazzetta Giovanni Labus sia seppellito un bue in oro massiccio. Altra leggenda vuole che un macellaio della zona, divenuto molto ricco, abbia voluto fare un monumento all'animale che gli fruttò una fortuna. Con buona pace dei vegetariani...
La storia vera è che decenni fa un camionista distratto divelse il bue dal suo alloggiamento, dov'è stato riposto dopo l'intervento di restauro del corniciaio sottostante.
16 - Minuscola e nascosta, ha l'entrata sotto l'arco di Porta Bruciata, mentre l'assetto cilindrico, con la singolare copertura conica in cotto, è visibile dal vicolo della Torre, incastonato in uno scorcio d'impronta medioevale. È la chiesetta che molti conoscono come Santa Rita. Ma ha un secondo nome, quale? Il piccolo santuario votivo è conosciuto anche con il nome di San Faustino in riposo, perché ospitò temporaneamente i sacri resti dei patroni Faustino e Giovita, quando furono traslati dalla chiesa di San Faustino ad Sanguinem (sorta sul luogo dove furono sepolti i martiri cristiani e diventata Sant'Afra e, poi, Sant'Angela Merici) alla chiesa di San Faustino Maggiore.
15 - La qualità di terreni «depressi», ovvero posti ad un livello più basso rispetto ad altri della città (e perfino paludosi, per il confluirvi di acque provenienti da nord), fece sì che una zona del nucleo storico di Brescia venisse indicata come «campi bassi». Da questo ebbe origine il nome di una contrada. Quale? Contrada delle Bassiche, che va da corso Garibaldi a contrada della Mansione, fu progettata nel 1237 da Alberico da Gambara, all’interno del piano di ampliamento della cinta muraria. In ragione della caratteristica di questi terreni, parte della via fu detta Contrada Bassa fino alla fine dell’Ottocento. In seguito l’intera via prese il nome di contrada delle Bazziche, da cui il nome odierno.
14 - Nel piazzale interno del Castello di Brescia c’è un monumento molto particolare, di cui nel 2011 è stato festeggiato il cinquantenario di... «pensionamento». Quale?
È la locomotiva a vapore Snft n° 1, costruita dalle Officine Meccaniche Saronno. Dopo aver percorso, dal 1906 al 1960, metà secolo e circa due milioni e mezzo di chilometri (è stata in servizio sulla linea Brescia-Edolo), è arrivata all’ultima stazione, il colle Cidneo, nel settembre 1961, dov’è stata collocata come primo monumento ferroviario.
13 - Si ricordano sicuramente lo spettacolo teatrale dello scrittore Renzo Bresciani, come pure la leggenda farsesca raccontata da Angel Albrici, «La curt dei pulì».
Pittoresca corte in pieno centro storico, con porticato e fontana, la si trova imboccando la stretta rua Sovera da corso Mameli. Qual è la vera origine di quel nome? Naturalmente, la graziosa piazzetta non ha niente a che vedere con il pollame. Il nome deriva da quello d’una nobile famiglia piemontese, i Polini, che nella prima metà del XVI secolo, a causa di burrascosi contrasti con i Savoia, s’erano dovuti trasferire a Brescia, prendendo residenza nella corte e dedicandosi con profitto alla conciatura e al commercio del cuoio.
12 - Nel piazzale interno del Castello di Brescia c’è un monumento molto particolare, di cui nel 2011 è stato festeggiato il cinquantenario di... «pensionamento». Quale?
È la locomotiva a vapore Snft n° 1, costruita dalle Officine Meccaniche Saronno. Dopo aver percorso, dal 1906 al 1960, metà secolo e circa due milioni e mezzo di chilometri (è stata in servizio sulla linea Brescia-Edolo), è arrivata all'ultima stazione, il colle Cidneo, nel settembre 1961, dov'è stata collocata come primo monumento ferroviario.
11 - «Zó là, visì ai terài, föra dè ma, gh’è ’n-órt, öna cesèta e ’nmèz convènt». Così recitano i versi d’una poesia di Angelo Canossi dedicata ad una chiesa-convento di Brescia. Unluogo pervaso da una quiete talmente invidiabile che non sembrava nemmeno d’essere in città. E se vi si guardava dentro dall’alto dellemura veniva voglia di farsi frate, «o almanc dè stà dè casa lé derènt». Di quale chiesa e convento parla il poeta bresciano? La lirica del Canossi s’intitola «San Gaetano» e si riferisce al
complesso conventuale francescano (costruito tuttavia, alla fine del XVI secolo, per la congregazione dei Preti Riformati della Pace, più tardi Padri Filippini) di via Callegari
angolo via Monti. Le mura cittadine citate non ci sono più.Comepure l’assorto silenzio di
quei tempi.
10 - Anche nella nostra città si racconta d’una fonte ritenuta miracolosa, sul sito della quale fu edificata una chiesa. Quale? Accanto a Piazza del Mercato c’era una fontana
pubblica sulla quale era dipinta una Madonna allattante il Bambino, cui da tempo era molto devota la gente che andava ad attingere l’acqua. A rinforzare questo fervore popolare contribuì, nel Cinquecento, il diffondersi della fede nel potere miracolistico di questa Madonna, come testimoniavano i numerosi ex voto appesi alla fonte, attestanti avvenute guarigioni. Finché (la leggenda dice in seguito ad una misteriosa apparizione di cui fu
protagonista, nel 1604, tale Gerolamo Venturelli, residente nella casa dov’era poggiata la fonte) si decise di edificare in quel luogo un santuario e nel 1608 fu posta la prima pietra
della chiesa di Santa Maria del Lino.
9 - Quale funzione hanno i semicerchi in ferro che «allacciano» le pareti ad angolo retto di edifici monumentali? Erano stati apposti a scopo non ornamentale bensì igienico. Ovvero, per impedire la minzione negli angoli. Anche i blocchi di pietra avevano la stessa funzione. Entrambe le tipologie sono visibili ancora oggi: per esempio all’esterno del Duomo nuovo, in via Cardinal Querini. Mentre in via Beccaria, proprio sotto la torre dei «Macc de le ure», se ne può osservare uno a forma di «pigna» rovesciata.
8 - I bresciani erano abituati a chiamarlo amichevolmente la «Gabia dei canarì», per la forma che lo caratterizzava. Ma nel 1926 fu demolito. Di cosa si tratta? Non era, naturalmente, una gabbia di pennuti antenati di «Titti» (il «Tweety» della Looney Tunes), bensì il casello daziario di Porta San Nazaro, nelle vicinanze della Stazione, così simpaticamente ribattezzato dai bresciani per la sua particolare architettura.
7 - «The Outcry» fu, nel 1911, l’ultimo romanzo («La protesta» è il titolo della traduzione italiana) di Henry James, scrittore americano naturalizzato inglese. È il racconto d’una disputa che si sviluppa attorno all’opera d’un famoso bresciano. Quale? Il ritratto di un gentiluomo ad opera del Moretto è al centro d'una storia ambientata nel mondo dei collezionisti, dei mercanti e degli esperti d'arte inglesi nei primi anni del Novecento. Una vicenda che mette in luce il pesante drenaggio di opere europee effettuato, all'epoca, da musei e da collezionisti americani (così come a sua volta aveva fatto l'Inghilterra, nei confronti di Paesi più deboli). In effetti, un «ritratto virile a figura intera» è tra le opere del Moretto in catalogo alla National Gallery di Londra e non è azzardato supporre che proprio lì lo scrittore Henry James lo abbia visto. Il dipinto faceva parte, in origine, della collezione privata Avogadro; poi, dopo un passaggio di mano, finì nella galleria londinese nel 1876.
6 - Considerato il numero degli appassionati di calcio, oggi non sorprenderebbe l’intitolazione d’una via a questo sport. Ma già, fino al 1909, nella nostra città c’era una via Giuoco del pallone. Dove? Era via Giuoco del pallone quella che oggi si chiama via Calatafimi, dove si ergevano gli spalti della cinta muraria. Il riferimento era, naturalmente, ad un’attività ludica che nulla ha a che vedere con il calcio come lo intendiamo oggi. Si può invece immaginare che rinviasse, forse, al gioco della «palla
elastica» (molto diffuso nella zona, almeno sin dal Cinquecento), che a Brescia (insieme a Lucca) deve il suo regolamento. Si sa per certo che dove corre via Calatafimi, nella prima metà dell’Ottocento, era stato creato un campo da gioco rettangolare, con le gradinate per gli spettatori ricavate sul pendio a ridosso delle mura.
5 - Sulla facciata della chiesa di Santa Maria della Carità in via Musei, all'angolo con via Gabriele Rosa, c'è la statua di un angelo. Che cosa tiene tra le mani? L’angelo tiene tra le mani la riproduzione della Santa Casa di Loreto. La chiesa, infatti, fu edificata a partire dal 1640 (con il contributo economico anche della popolazione, come
sta avvenendo ora per la sua ristrutturazione) con lo scopo di ospitare, appunto, la copia della Casa di Nazaret custodita nel Santuario di Loreto, che vi fu poi posta nel 1658.
4 - Quale antica rarità accomuna via Pusterla di Brescia con Trinità dei Monti di Roma, Collina san Martino di Napoli o Clos Montmartre di Parigi? Brescia, così come Roma, Napoli, Parigi e poche altre città europee, possiede un vigneto urbano molto antico. È il tappeto di viti ai piedi del fronte settentrionale del Cidneo. Quattro ettari d'un vitigno autoctono, l'Invernenga, da cui si ottengono vini Pusterla ad indicazione geografica tipica «Ronchi di Brescia».
3 - Storia e leggenda si contendono le vicende legate all’Ordine dei Templari e non si contano gli itinerari turistici sulle tracce dei Cavalieri. Anche a Brescia il centro storico conserva almeno una testimonianza della loro presenza. Quale? Brescia era al centro di due importanti assi di comunicazione tra l’Italia e il Nord Europa e tra Venezia
e la Francia. La chiesetta di S. Maria della Mansione (tra l’omonima contrada e corso Matteotti) fu costruita sul sito della precedente S. Maria del Tempio o dei Templari (distrutta da un incendio). Il vicino Ospizio era una tappa per i pellegrini che andavano in
Terrasanta e nel XIII secolo i cavalieri dell’Ordine esercitarono un ruolo di tutela dei viandanti e del territorio, occupando l’antica mansione romana (la mansione è un luogo di sosta) che sorgeva in quell’area.
2 - Sul frontone d'un antico palazzo del centro storico leggiamo a grossi caratteri «Non me quaesiveris extra». Su quale portone campeggia l'enigmatica scritta in latino? E che significato ha?
Furono i proprietari del palazzo che si trova al civico 4 di via Cairoli a volere questa singolare iscrizione. L’espressione «Non mi cercate fuori», anche se ha una suggestione vagamente inquietante, nelle intenzioni voleva probabilmente essere una formula un po’
originale di benvenuto e di ospitalità («Venite pure, mi troverete a casa»). Oggi, fuori dai nostri portoni, siamo abituati ad apporre insegne più prosaiche ed ostili, come: «Non è gradita la pubblicità». Segno dei tempi…
1 - Sullo stradario di Brescia non troverete vicolo Coppamosche. E neppure vicolo del Melone, dei Cappellai o della Sardella gioiosa. Eppure... esistevano. Dove?
Nello spazio oggi occupato da piazza Vittoria si era sviluppato un fitto reticolo di vie e case di origine medievale chiamato «quartiere delle pescherie», la cui vocazione commerciale (aiutata anche dalla presenza del Garza per il trasporto delle merci) è attestata dai nomi di quei vicoli. Un contesto molto pittoresco, ma esposto ad incendi e ad epidemie. Da qui i progressivi, inutili tentativi di risanamento, fino alla definitiva demolizione dell’intera area dal 1929-30.
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