Cianuri nel Mella, sequestrata azienda

Un'azienda di Villa Carcina scaricava direttamente nel mella cianuri e rame. Migliaia i pesci morti in marzo.
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Uno scarico non autorizzato che sversava i rifiuti tossici dell'azienda direttamente nel Mella, che scorre sul retro della ditta di cromatura e nichelatura di Villa Carcina. Sostanze altamente velenose come cianuri e rame. Questa potrebbe essere una delle cause della moria di pesci che si era registrata la primavera scorsa. Migliaia le carcasse che dalla sera del 23 marzo alla mattina del 24 erano affiorate per un lungo tratto del fiume, e pure in alcuni canali collegati, da Villa Carcina fino a Dello. In una zona in cui la concentrazione di aziende e industrie è piuttosto elevata. Subito erano scattate le indagini dell'Arpa e della Polizia provinciale, coordinate dalla Procura, nella persona del Pm Federico Bisceglia. L'attenzione dei tecnici dell'Agenzia regionale per l'ambiente si era focalizzata subito sul punto più a monte, effettuando campionature là dove cominciava la moria di pesci. E l'acqua è risultata piena di cianuri.

Seguendo la prassi si sono monitorate le aziende poste sulla sponda del Mella con accertamenti focalizzati all'interno della «Galcro», che per il tipo di attività svolta si serve di queste particolari sostanze chimiche. E nell'effettuare un sopralluogo con anche gli agenti della Polizia provinciale è stata scoperta una vasca provvisoria sul soffitto del capannone, che scaricava poi i reflui velenosi, attraverso un normale pluviale, direttamente nel fiume. Uno scarico industriale che non era stato assolutamente autorizzato. Non solo. Dagli accertamenti effettuati anche sulla documentazione raccolta in azienda, la Galcro avrebbe acquistato prodotti chimici pericolosi che utilizzava per i trattamenti galvanici, senza però che siano state trovate tracce in uscita del corretto smaltimento di quelle stesse sostanze. Che fine facevano?

Arpa e Provinciale lo hanno scoperto. Quel pluviale collegato alla vasca aveva diversi depositi di colore verde che analizzati, hanno dimostrato la presenza di cianuri e di rame. Sostanze velenose identiche a quelle che sono state trovate nell'acqua del fiume e che hanno contribuito, forse anche per la siccità di quel particolare periodo primaverile, alla moria di migliaia di pesci. Sulla base di questi atti, la magistratura ha disposto un sequestro preventivo dell'azienda in base al Dlgs 152/2006, più conosciuto come il «Codice dell'Ambiente». Provvedimento che gli uomini dell'Unità operativa ambientale della Provinciale, coordinati dal commissario Gianbattista Bosio, hanno eseguito nelle scorse ore.

Per Brescia questo sequestro è un importante novità in tema di tutela dell'ambiente. Forse infatti si tratta del primo provvedimento che viene effettuato per chi sversa sostanze dannose per la flora e la fauna nei fiumi. Un segnale, forse, che deve servire per far capire che con l'ambiente non si dovrebbe scherzare e che alla fine, chi inquina, viene individuato e punito. «Gli accertamenti sono dello scorso aprile - ha dichiarato l'avvocato Alessandro Stefana, legale dell'azienda -. Quelle mancanze nel frattempo sono già state regolarizzate. Sono certo che tra una settimana l'impianto, in cui lavorano 13 persone, sarà rilasciato».
Daniela Zorat

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