Garda

Silvia non ha più paura: «Guarire è possibile»

A quattordici anni la diagnosi di linfoma di Hodgkin e la rinascita col trapianto
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Silvia Antonioli ha seguito la regata dell’Abe da terra in un settembre che non le fa più paura: «Io ho vinto... la malattia».

È una veterana: due edizioni di Children Wind Cup in attivo e la partecipazione, nel 2013, ad un viaggio su un grande veliero che la condusse fino in Sardegna con altri nove ragazzi dell’Oncoematologia del Civile. «Non gareggio, ma sono presente per ritrovare i miei amici e i volontari che sono stati la mia famiglia per tre lunghi anni», racconta.

Sono trascorsi cinque anni dal settembre in cui le diagnosticarono il linfoma di Hodgkin e da quando il dottor Schumacher le disse che i soldatini del suo sistema immunitario non combattevano più come avrebbero dovuto: lei ne aveva 14. Seguirono tre operazioni, tre settembri di recidive, cicli di cure che non si contano e un autotrapianto fallito. Il 6 giugno 2014 il trapianto da esterno, invece, riuscì: «Ogni anno, in quel giorno mi scatto una foto: sono rinata. La legge non mi consente di sapere l’identità del donatore di midollo. E, d’altronde, cosa si può dire a chi in mezz’ora ti salva la vita? Le parole sono infinitamente piccole. Ciò che invece posso fare è partecipare alle iniziative Admo e chiedere di donare».

Silvia si racconta con una serenità disarmante che zittisce, fiera della sua forza: «Il reparto era diventato la mia abitazione; il personale ospedaliero, gli altri ragazzi e i volontari erano la mia seconda famiglia. Abe è fondamentale per noi: in particolare la psicoterapeuta Simonetta Coppini che rimane un punto di riferimento, un’amica. Infatti, seppure possa sembrare strano, il momento più difficile è stato l’anno dopo le dimissioni: sradicata da un posto sterile che era Casa, allontanata da persone che mi comprendevano senza spiegare. Ci sto ancora lavorando, non sempre è facile confrontarsi con chi ha una misura diversa nel valutare cosa sia "un problema". Partecipo alla regata perché lì rivedo chi mi capisce al volo. Ho conosciuto compagni che ora sono amici; abbiamo un gruppo su Whatsapp, prima si chiamava "Il gruppo dell’ospedale", oggi invece si chiama "Veliero"».

Silvia è tra le protagoniste del video di presentazione dell’Abe: impugna un pennarello e sulla lavagna scrive: «È inutile cercare il senso della vita, siamo noi a doverle dare un senso».

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