Economia

La rivoluzione 3D: ecco come ti stampo il violino

A viaggiare è il progetto e non il prodotto, che viene stampato dal cliente. Si crea per somma di strati.
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Ecco la situazione ad oggi: produco una pentola a Lumezzane e la spedisco ad un cliente a Pechino. Ecco come potrebbe essere tra cinque anni, forse meno: a Pechino c'è una stampante 3D che stampa la pentola secondo il disegno realizzato a Lumezzane e spedito via mail in Cina. Insomma: si muove il progetto, non più il prodotto. Ed è questo il cuore di quella che si annuncia essere la terza rivoluzione industriale, che passa (anche) dalle stampanti tridimensionali.

Una tecnologia basata su un processo produttivo inverso rispetto a quello odierno. Se Michelangelo in un blocco di pietra riusciva a vedere il «Mosè», oggi un artista può vedere un oggetto nella sua mente e realizzarlo grazie alla somma di strati di materiale, non più levando materia da un blocco.

Un processo riservato alla realizzazione di prototipi fino a quattro/cinque anni fa che oggi inizia ad essere «industrializzabile». «La novità - spiega Vito Chinellato, direttore generale della filiale italiana di Eos, azienda tedesca che produce stampanti 3D - è che ora si utilizzano materiali definitivi, mentre prima le repliche stampate non erano strutturali».
La prova da toccare con mano - o meglio: ascoltare con le proprie orecchie - è il violino suonato ieri da Liliana Amedeo in occasione del Summit 2012 ospitato al Museo dell'Industria e del Lavoro di Rodengo Saiano: la copia di uno Stradivari stampata da Eos in peek, un polimero. Il suono non è ovviamente identico a quello prodotto da un originale del celebre strumento, ma rimane di elevata qualità.

«Potenzialmente si possono utilizzare tutti i materiali per la stampa 3D», continua Chinellato, che dalla tasca pesca un ciondolo in oro «stampato» da un gioielliere pavese.
I mercati di riferimento, tuttavia, almeno per ora, sono il biomedicale e l'aeronautica: il primo per la produzione di strutture ibride, come le protesi, che hanno una parte solida e una porosa e che grazie a queste nuove stampanti possono essere realizzate in un unico ciclo produttivo; il secondo per geometrie «molto complicate», come tubi che contengono una serie di cavi e che, così come le protesi, possono essere stampati con un unico programma.

Fondamentale è lo studio della descrizione matematica dell'oggetto, per esempio in Cad: il progetto viene poi tagliato a fette, «come un salame», e ricostruito strato dopo strato dalla stampante. Proprio perché si tratta di ricostruzione e non di lavorazione di un blocco esistente, gli scarti si azzerano. Servono dunque grandi capacità progettuali, ma la realizzazione, poi, avrà gli stessi costi a Lumezzane come a Pechino. Ago della bilancia saranno le materie prime e il loro valore. Per questo «la stampa in 3D - secondo Chinellato - consentirà di riportare la manifattura dall'Asia all'Europa». Solo il tempo potrà dire se davvero finirà così. Intanto si ragiona in termini di «magazzini digitali», dove accumulare idee, progetti e modelli tridimensionali. Sulle portaerei americane, per esempio, i pezzi di ricambio si stampano all'occorrenza e non vengono più spediti dalle case produttrici.

Senza scomodare l'esercito, è comunque possibile acquistare online un kit per stampante digitale per meno di mille euro e trasformarsi un «maker», una sorta di artigiano fai-da-te. E sempre online si possono acquistare (spesso scaricare gratuitamente) progetti in 3D da stampare. Un buon catalogo è offerto da Shapeways.com, che raccoglie vasi, gioielli, miniature e chi più ne ha più ne metta. Nei progetti sta il business. Da stampare in cucina o in una multinazionale.

Giovanna Zenti

g.zenti@giornaledibrescia.it

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