Cultura

La scuola a misura del web

Nell'ultima giornata dela rassegna sulla Microeditoria l'esperienza di Dianora Bardi, insegnante e pioniera della didattica su iPad.
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Le classi scolastiche non devono rimanere «chiuse fra quattro mura». È arrivato il momento di «aprirle» e, per restare in metafora, di abbattere anche le barriere mentali di chi si ostina a non credere nelle potenzialità della didattica digitale.

Dianora Bardi, insegnante di italiano e latino al liceo Lussana di Bergamo, presidente di NetPoleis, da più di 20 anni si occupa di tecnologie e didattica, tenendo sull'argomento seminari, conferenze e incontri di formazione per i docenti. Il suo nome è noto agli addetti del settore in quanto artefice dell'adozione degli iPad in classe e pioniera di un vero e proprio metodo didattico che fa uso delle più recenti tecnologie. «Purtroppo - ha sottolineato la Bardi, alla rassegna della Microeditoria di Chiari, nell'incontro in cui è intervenuta anche Anita Molino, presidente di Fidare-Federazione italiana degli editori indipendenti - siamo che noi che demonizziamo le tecnologie, ma perché ne abbiamo paura e non sappiamo usarle».

La prof. Bardi ha inaugurato nel suo stesso liceo una sperimentazione dedicata al «cloud learning» e alla creazione di «biblioteche virtuali». «Dobbiamo in primo luogo insegnare ai ragazzi a selezionare le informazioni, a rielaborarle - ha affermato -. Il libro di testo, così come ce lo propongono gli editori, spesso è monoindirizzante, mentre i ragazzi sono multimediali per natura». Gli iPad sostituiscono i libri di testo, ma la tecnologia non ha come presupposto l'abbandono totale del cartaceo, anzi: gli studenti vengono stimolati a leggere una notevole quantità di libri, al fine di produrre ebooks, che entrano in un grande patrimonio di risorse circolanti nel web. «Un problema, piuttosto, sta nel far apprendere ai docenti come utilizzare le tecnologie adottate. Molte scuole richiedono supporto, abbiamo una marea di materiale disponibile; nella mia lavoriamo insieme, il lavoro è un prodotto collettivo».

Ma le case editrici come reagiscono? «Anche gli editori, specie i più grossi, hanno timore delle tecnologie - riferisce Anita Molino -. Non è un caso che non abbiano risposto al bando per i contenuti digitali lanciato dal Ministero. I piccoli editori, invece, hanno saputo coglierne maggiormente il dinamismo».
Anita Loriana Ronchi

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