Una chiesa della città

La Fondazione Cab restaurerà Santa Maria della Carità, forse più conosciuta come «chiesa del Buon Pastore» per la vicinanza con il monastero abitato dalle suore di clausura fino al 1998, con una nuova associazione e tutti i bresciani interessati.
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Una chiesa nata nel segno della generosità di una donna nei confronti di altre donne; e dei bresciani che ne sostennero prima, dal 1640 al 1655, l'edificazione e poi, poco meno di un secolo dopo, importanti rifacimenti. È la chiesa di Santa Maria della Carità, forse più conosciuta come «chiesa del Buon Pastore» per la vicinanza con il monastero abitato dalle suore di clausura fino al 1998 (e oggi occupato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore). Su questo edificio, con la sua storia di solidarietà, si concentrano oggi l'attenzione e gli sforzi economici della Fondazione Cab-Istituto di cultura «Giovanni Folonari», che ha deciso di impegnarsi per il restauro della chiesa, splendida espressione del periodo barocco in pieno centro cittadino - in via Musei, all'incrocio con via Gabriele Rosa - bisognosa però di un intervento urgente a causa delle precarie condizioni del tetto e architettoniche d'insieme.

L'edificio, dove dal 1567 si celebra la Messa tutti i giorni, è stato chiuso al pubblico mercoledì scorso, e presto cominceranno i lavori secondo un progetto degli architetti Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni già approvato dalla Soprintendenza. Tra un anno e mezzo, tornerà ai bresciani. Che questa volta potranno essere protagonisti di un'operazione nella quale la Fondazione Cab è affiancata dall'Associazione Amici della chiesa di Santa Maria della Carità, costituita per l'occasione. Se infatti la Fondazione si pone come il capofila dell'iniziativa - certo d'intesa con la parrocchia della Cattedrale, che è l'ente proprietario della chiesa ma non ha la possibilità di provvedere autonomamente alle necessarie opere di manutenzione straordinaria -, l'associazione ha il compito di raccogliere ulteriori fondi allargando la richiesta a tutti i cittadini. Proprio come avvenne nei secoli XVII e XVIII.

«Quello che ci interessa è la partecipazione», sottolinea Alberto Folonari, presidente della Fondazione Cab, ricordando la storia della chiesa di Santa Maria della Carità, ovvero il sostegno economico che i bresciani vollero dare a questo edificio per ben due volte e l'atto di generosità della contessa Laura Gambara Secco d'Aragona, cui si deve l'istituzione, negli edifici accanto, del «Conservatorio delle convertite della carità» per l'accoglienza delle donne bresciane vittime di violenze nel corso del Sacco di Brescia nel 1512 e delle prostitute.

Lo stesso Folonari rammenta che la Fondazione Cab non è nuova a iniziative di questo genere: per esempio, una ventina d'anni fa ha sostenuto il restauro della facciata del Duomo Nuovo e circa un lustro dopo il rifacimento del tetto della chiesa di San Clemente per salvaguardare i dipinti del Moretto. Quanto alla dimensione solidaristica, la Fondazione ha tra l'altro donato dei macchinari per eseguire la Tac all'Ospedale Civile e finanziato uno studio ai fini di un'organizzazione dell'attività la migliore possibile nel nosocomio cittadino.

Ma dietro alla nuova impresa c'è anche una formula di lavoro che la Fondazione Cab inaugura all'inizio degli anni Novanta e che le varrà il primo premio nazionale di Federculture per l'efficacia della partecipazione tra pubblico e privato. «Il 1991, 1992 e 1993 sono stati anni di revisione della strategia della Fondazione - racconta il presidente -. Fino ad allora eravamo intervenuti un po' "a pioggia", su richiesta. Era il momento di una riflessione, anche a fronte della solidarietà già espressa dalla città; e dalla riflessione emerse la volontà di concentrarci su iniziative dai costi importanti. Ma quali? Commissionammo una ricerca dalla quale risultò che, per migliorare la vita della città, la maggioranza dei bresciani avrebbe gradito grandi mostre d'arte. Da qui sorse un nuovo interrogativo sul "dove" realizzare questo tipo di eventi e la collaborazione con il Comune nella ricerca di un contenitore adatto, animato dall'idea di creare un fatto economico nuovo per la città: il turismo». La scelta, com'è noto, ricadde sul complesso di Santa Giulia che «era in un momento di stallo perché l'Amministrazione comunale aveva esaurito i fondi Fio».

La novità - premiata - nel rapporto con il Comune era costituita dal fatto di esserne partner, non semplicemente sponsor di iniziative. «In breve - continua Folonari - abbiamo portato a compimento il Museo della Città, poi ci sono state le grandi mostre». Con un successo enorme, fatto di moltissimi visitatori e turisti, come più volte riportato dalle cronache.

Compiuta questa esperienza, la Fondazione Cab si è nuovamente messa in ascolto. E dalle «voci del territorio» è giunta - tra le altre - la proposta del recupero della chiesa di Santa Maria della Carità. Che la Fondazione ha accolto. Perché - spiega il presidente - «è un esempio affascinante di barocco, purtroppo in una situazione di grave rischio». Perché «si trova sul percorso da piazza della Loggia a Santa Giulia e quindi arricchisce questo percorso dal punto di vista turistico». Perché contiene una fedele, suggestiva riproduzione della Santa Casa di Nazareth custodita nel Santuario di Loreto.
Ma soprattutto per la sua esemplare storia di generosità e partecipazione. «Una storia - conclude Folonari - che vorremmo continuare».
Francesca Sandrini

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