Bassa

Distretto veterinario, la battaglia dei 13 sindaci

La Regione vuole ridimensionare il distretto, i sindaci di tredici comuni della bassa bresciana sono furiosi e pronti a dare battaglia
SINDACI CONTRO LA REGIONE
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«Si tratta di una scelta illogica e rischiosa per la salute dei cittadini e della salubrità degli animali. Una decisione inspiegabile e immotivata». Sono furiosi e pronti a far valere le loro ragioni i tredici sindaci di altrettanti comuni della bassa bresciana che non condividono la scelta operata dalla Regione Lombardia di ridimensionare e rendere sperimentale il distretto veterinario di Leno, istituito già nel dopoguerra, a favore dei tre nuovi individuati dal Pirellone: Brescia, Lonato e Rovato.

Le loro tesi, sostengono, sono supportate dai numeri: nel territorio di Leno vivono 5.429mila capi di bestiame, a fronte dei 3 milioni di Lonato, dei 2,9 di Rovato e dei 943mila capi d’allevamento di Brescia. Perché rendere sperimentale, si chiedono i sindaci, il distretto veterinario più grande della provincia e dove in passato si sono verificati fatti quali l’aviaria e altre malattie animali?

Nel mirino dei sindaci c’è anche il direttore generale dell’Ats di Brescia, Carmelo Scarcella, che non avrebbe difeso gli interessi e la salute dei cittadini bresciani. E ancora una volta sono i numeri a supportare le ragioni degli amministratori. Nell’Ats di Brescia con 8200 allevamenti ci sono oggi 3 distretti più uno sperimentale. Eppure l’Ats Cremona-Mantova con 7400 allevamenti ha 6 distretti veterinari, mentre l’Ats Milano con 4172 allevamenti ne ha ben 8. Perché questa disparità? Tutte domande con le quali i sindaci intendono interrogare la Regione. 

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