Cultura

Van De Sfroos: «Uno slancio di respiro per un nuovo viaggio»

«Maader Folk», omaggio a una madre consolatrice apparsa in sogno mentre l’artista era malato di Covid
Davide Van De Sfroos, che pubblica il nuovo album a sette anni dal precedente in studio - Foto Cestari
Davide Van De Sfroos, che pubblica il nuovo album a sette anni dal precedente in studio - Foto Cestari
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È un tributo personale alla terra, alle sue valli, ma anche al Sud. A tutto un mondo che sta fuori e che mai come in questi due anni abbiamo iniziato ad apprezzare e a cercare, dopo mesi di chiusura nelle case e in noi stessi. È il ritorno di Davide Van De Sfroos, che venerdì, a ben sette anni dal precedente lavoro in studio, ha lanciato «Maader Folk», omaggio a questa madre consolatrice apparsa in sogno mentre il cantautore e la sua famiglia erano malati di Covid: «Mi guardava e mi diceva di non preoccuparmi, di dedicarmi al mio folk che non sarebbe mai morto».

Ben 15 tracce, di cui la maggior parte scritte ben prima che la pandemia arrivasse a sconvolgere le vite di tutti; ma che risultano ugualmente attuali, ugualmente forti e piene di storie. «La cosa strana era rivedere i brani alla luce di ciò che stava succedendo. Alcune sembravano scritte apposta per il periodo che stavamo vivendo» spiega Van De Sfroos. «Nello sguardo della Maader Folk ci sono immagini surreali e simboliche che abbracciano le persone e i loro luoghi, la loro terra. In questo disco c’è anche lo slancio verso la speranza e la voglia di respiro per un nuovo viaggio che non dimentica il passato».

È il caso di «Oh Lord, Vaarda Gio», preghiera libera e solenne dalle sonorità gospel, potente inno in cui le voci di Van De Sfroos e Zucchero si amalgamano fino a fondersi in una sentita richiesta di protezione a chi ci veglia da lassù: «Non ho avuto coraggio di chiedere a Zucchero ciò che volevo, cioè le strofe in dialetto, cosa che ha fatto lui spontaneamente. Una cosa stupenda, perché questa fusione crea un mondo e un mood potente».

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Il forte significato del brano, impreziosito dalle alchimie sonore di Taketo, è esemplificato nel videoclip presentato alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia: un inedito grandangolo sul quotidiano dell’intellettuale Mauro Corona, racconto in musica della dimensione più pura del dialogo tra l’uomo, il divino e il mondo. «Qui vediamo il suo spirito ancor prima del resto. Vedi questo sguardo del Mauro che probabilmente da bambino aveva conosciuto periodi duri, Mauro che non ha mai fatto sconti e che ha raccontato se stesso, sincero come il vino in tutte le sue manifestazioni», spiega il cantautore brianzolo.

Un album corale, dalle atmosfere variegate: dal folk - appunto - e certi sapori celtici degli esordi a sonorità più sperimentali, inedite per lui. Difficile immaginare quindi come tutta questa moltitudine di colori possa tradursi in un live, ma anche su questo Davide Van De Sfroos ha una risposta zen: «La cosa interessante potrebbe essere giocarsela come una grande festa, portando tutto l’interforce che ha partecipato, per dire giochiamocela il più possibile celebrando il disco. Ma non è facile portarsi in giro cinquanta persone e allora lì diventa interessante vedere come le canzoni possono essere adattate, “disidratate”. Qualcosa può diventare più irruento, qualcosa più acustico. Lo scopriremo solo suonando».

 

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