Cultura

Don Vender, il prete povero tra i poveri

Don Alessandro Camadini, parroco di Lovere, ricorda il sacerdote che nacque nella cittadina sebina , «un maestro che seppe essere testimone»
Don Vender al corteo per i caduti delle Fiamme Verdi - © www.giornaledibrescia.it
Don Vender al corteo per i caduti delle Fiamme Verdi - © www.giornaledibrescia.it
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Tutta la sua vita fu spesa al servizio del prossimo, povero tra i poveri, la sua Chiesa era quella che sapeva farsi ospedale da campo, per usare un’espressione tanto cara a papa Francesco. Don Giacomo Vender, uomo dallo straordinario carisma, spese ogni momento della sua esistenza per rendere più umana l’esistenza degli ultimi. Figura quasi mitologica del clero bresciano, è morto il 28 giugno 1974 a Ceratello, piccola frazione montana affacciata sul lago d’Iseo.

A distanza di quasi cinquant’anni l’occasione per ricordarlo è il libro che gli ha dedicato il collega Luciano Costa, «Animo, Animo!», edizioni Arti. Don Giacomo Vender era nato a Lovere il 14 aprile 1909, e proprio nel suo paese si svolgerà venerdì (alle 20.45 nella basilica di Santa Maria in Valvendra)un incontro per ricordare don Vender proprio partendo dal volume di Costa, giornalista e studioso appassionato delle vicende della Chiesa e dei suoi protagonisti.

E certamente don Vender è tra i protagonisti che più hanno segnato la vita della Chiesa. Dedicare tempo alla memoria di don Vender, spiega don Alessandro Camadini, parroco di Lovere, «ha il senso di non dimenticare che tante persone, che ci passano accanto, lasciano il segno, che neanche il tempo riesce a cancellare. Tutti coloro che hanno conosciuto don Giacomo Vender nelle sue diverse esperienze pastorali testimoniano che l’incontro con lui incise nelle loro scelte di vita cristiana». Ha certamente inciso profondamente nella vita di quelli che erano chiamati gli «sfrattati», ovvero coloro che erano stati fatti sgomberare dal centro storico in seguito al piano di demolizione e di sbancamento per l’apertura di piazza Vittoria tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta. Centinaia di famiglia, per ospitare le quali furono approntate una serie di baracche nella zona dell’Oltremella, vicino al ponte Crotte, dando origine al quartiere di San Vincenzo. Nel secondo dopoguerra, di loro si occupò appunto don Vender, facendo attività sia di assistenza sociale sia di promozione culturale e sostenendo un progetto abitativo per queste famiglie, realizzato poi negli anni Cinquanta.

Coraggio. Don Giacomo, sono ancora le parole di don Camadini, «ha reso coraggiosamente ed eroicamente testimonianza alla identità e missione sacerdotale, nei momenti bui, sofferti e provati causati prima dalla dittatura fascista e dalla tragedia del conflitto mondiale, e successivamente dalla sua missione come parroco a Brescia». Scrive Luciano Costa: «Se cercate una biografia completa, analitica ed esaustiva di don Giacomo Vender cercatela dove lui ha seminato bontà, misurato le miserie umane, raccolto il peso della paure, sognato cieli e terre nuovi, immaginato che al di là del fiume, tra gli alberi radi di una periferia destinata a diventare presto città, ci fosse l’inchiostro adatto a scrivere quel che era giusto scrivere». E ancora, «don Vender è diventato prete vestendo la divisa di cappellano militare per stare a fianco dei giovani mandati al fronte, diventando "ribelle" per amore del bene, della libertà e della giustizia, opponendosi all’ideologia nazi-fascista con la forza della fede e della ragione».

L’esempio. Don Alessandro racconta la testimonianza di un suo parrocchiano: «Don Giacomo Vender è tra coloro che hanno tracciato una strada per i preti e i laici, il cui esempio li aiuta a camminare nella vita. La sua testimonianza ha aperto la mente a percorsi di impegno civico e cristiano, senza i quali la vita sarebbe stata sicuramente diversa. La sua testimonianza è stata quella del buon Samaritano, che si è fermato, ha condiviso, si è fatto carico di sofferenze e aiuto. È stato uomo di azione e di meditazione». In don Giacomo Vender, conclude don Camadini, «mi pare di trovare felice riflesso e fulgido esempio del pensiero di Paolo VI: "L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni"». Un maestro la cui testimonianza è arrivata intatta fino a noi.

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