L'orto incensato

Fatiche e orgoglio maschile nella stagione dei primi lavori nell'orto
Fiori d'incenso - © www.giornaledibrescia.it
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Da sempre adoro il profumo dell’incenso, da piccolo durante le messe mi mettevo il più vicino possibile all’altare per esserne avvolto. Quando facevo il chierichetto volevo sempre essere l’addetto alla navicella, appunto il contenitore da cui il sacerdote preleva l’incenso da mettere poi nel turibolo. Colpevolmente, a questa mia passione non è seguito un necessario approfondimento.

Figuratevi quindi la mia sorpresa quando mi sono ritrovato di fronte alla plectranthus, appunto la pianta dell’incenso. Ho strofinato una foglia tra pollice e indice ed eccolo l’amato incenso. Grazie al suo profumo intenso è un repellente naturale contro insetti e zanzare. Ne ho presa una piantina e l’ho messa a dimora nel mio orto, che del resto accetta sempre di buon grado l’essere incensato.

Per l’orto questo è un periodo di grandi attività, dopo la pausa invernale è tempo di mettersi al lavoro. Le piogge dei giorni scorsi hanno fatto crescere le erbacce a dismisura, prima di vangare è necessario quindi estirparle. Un lavoraccio. E poi arriva il bello, si preparano le basi di quella che sarà una ricca e appagante coltivazione. Il rapporto con la terra è fondamentale per un ortolano che si voglia qualificare tale.

La fronte imperlata dal sudore, i muscoli tonici a fine giornata, tanta fatica ripagata dal sentirti parte di un ciclo che dura da millenni. Ecco, mentre osservavo il signor Gino vangare il mio orto mi sono sentito orgoglioso di lui e per lui. L’ho ammirato su una vecchia sedia impagliata (le radici contadine sono importanti) fumando un sigaro. Un uomo vero lo è fino in fondo.

 

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