Qualcuno si è accorto che il «re è nudo»

Moda, modelli culturali, tendenze e prét â porter massificati : un'altra riflessione firmata Augusta Amolini
La moda vera, quella delle riviste patinate resta appannaggio di pochi e si distingue nei tessuti e nel prezzo di vendita - Foto di repertorio
La moda vera, quella delle riviste patinate resta appannaggio di pochi e si distingue nei tessuti e nel prezzo di vendita - Foto di repertorio
AA

Della moda conviene parlarne sempre in «si bemolle» usando toni bassi, perché poco si sa dei «cacciatori di tendenze», ovvero dei moderni arbiter elegantiarum.

Le tendenze non sono casuali, lo ha spiegato bene l’algida Miranda Priestly nel film «Il Diavolo Veste Prada», riferendosi al colore azzurro «ceruleo» di un maglioncino pescato nella cesta delle occasioni di un grande magazzino.

Le ipotesi creative degli stilisti sfilano in passerella e variamente rielaborate si trasformano nel prét â porter per la massa divenendo carburante per l’economia. La moda vera, quella delle riviste patinate resta appannaggio di pochi e si distingue nei tessuti e nel prezzo di vendita. Tuttavia sul gusto attuale ha fortemente inciso la mitica Coco Chanel la quale, precorrendo i tempi ha trovato nella sobrietà del «togliere» la sua cifra distintiva. Il suo talento ha reso maschile la donna vestendola con pantaloni e camicie dai colli essenziali.

La predilezione per il bianco e nero ha rivoluzionato il modo di vestire di intere generazioni di donne, liberandole da inutili orpelli e facendo della comodità l’elemento caratteristico delle sue creazioni. I concetti attuali sembrano aver ridefinito il genere e, «sdrammatizzando», hanno trasformato il guardaroba in un informale unisex.

La commistione di linee ha creato dei generi o-stili, nel vero senso della parola, di difficile comprensione per i consumatori all’oscuro degli studi socio-economici che li hanno determinati. I dettagli degli abiti maschili mescolati a quelli femminili, sdoganati nelle odierne sfilate hanno creato figure androgine e stravaganti che avrebbero lasciato basite le nostre nonne. I bustier portati a vista sopra abiti lingerie sono il volto di un’improbabile sensualità, mentre le linee sagomate reinventano «un’eleganza allegra» che unisce colori opposti, cuciti per creare un provocatorio quanto indecifrabile «divertimento».

Mentre «l’esuberanza» si esibisce indossando moderni pastrani di un paio di taglie in eccesso, la società opulenta schiera il suo esercito di Uomini liberi vestiti con «divise» firmate, uniformati dai colori e nelle linee di un gusto predefinito, convinti di aderire ad uno status esclusivo. Alcuni meno sommessamente dichiarano che la gente comune, sempre più impegnata a soddisfare i bisogni primari, considera gli abiti-capriccio lo specchio della decadenza sociale e valoriale del nostro tempo. C’è un pensiero che mi batte prepotente in testa: non sarà che i «comuni», come il bambino della fiaba di Hans Cristian Andersen si sono accorti che «il re è nudo» ?

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia