Mascherine di Stato, prima e dopo

Dopo una lunga estate calda, in cui l’abbiamo temuta, allontanata, negata, la seconda ondata è arrivata
La maggioranza della popolazione si è abituata ad indossare la mascherina
La maggioranza della popolazione si è abituata ad indossare la mascherina
AA

Dopo una lunga estate calda, in cui l’abbiamo temuta, allontanata, negata, pronosticandone data d’arrivo e violenza d’impatto, la seconda ondata è arrivata. Se ci siamo preparati adeguatamente ad affrontarla, è presto per dirlo, anche se il rincorrersi estemporaneo di Dpcm e ordinanze, polemiche e contrasti istituzionali, farebbe propendere di già per il no. Di certo il nostro approccio psicologico è differente. Non c’è più lo spaesamento della novità, incognite ne abbiamo, ma anche una certa consapevolezza. E consuetudine, ahinoi, con misure e dispositivi, su tutti la mascherina.

Me lo ha fatto pensare un’immagine: quella di Giuseppe Conte apparso appunto in mascherina nella lunga diretta con cui pochi giorni fa annunciava la nuova stretta anticontagio. Nessuno è balzato sulla sedia, nessuno ha gridato al gesto sconsiderato e all’attentato all’ottimismo generale. Quando invece - il 26 febbraio - fu il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, a indossarla per primo di fronte a una telecamera, annunciando l’autoisolamento, si scatenò una bufera. Quel lembo di stoffa gettava un’ombra sinistra sulla Milano da bere, la stessa per la quale venivano caldeggiati devastanti aperitivi con stuzzichini bipartisan. In mezzo ci sono mesi atroci, camion carichi di bare, morti sepolti senza un addio.

Il solo ottimismo che siamo legittimati a concederci è che tutto il dolore che la prima ondata ci ha imposto, serva almeno a farci affrontare meglio la seconda. Un politico con mascherina, attaccato sul piano delle scelte, ma non su quella responsabile di coprire naso e bocca, è forse un flebile segnale di speranza.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia