Mamme e maestre portatrici di cultura

Augusta Amolini ricorda il ruolo fondamentale del femminile al momento della ripresa scolastica di oggi come negli anni Cinquanta
Una maestra degli anni Cinquanta, in archivio abbiamo trovato la foto della maestra Liliana Barbera di Trenzano con alcune sue alunne: era la primavera del 1957
Una maestra degli anni Cinquanta, in archivio abbiamo trovato la foto della maestra Liliana Barbera di Trenzano con alcune sue alunne: era la primavera del 1957
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L’estate degli studenti italiani fino al 1977 si prolungava in autunno. La scuola ricominciava il primo ottobre e i bambini più piccoli, cosiddetti remigini, venivano accomunati all'Arcivescovo Remigio di Reims ricordato quel giorno dal calendario. Imparavano a leggere e scrivere aiutati da cartelloni appesi alle pareti sui quali erano raffigurati oggetti e le lettere dell’alfabeto. Le cartine geografiche e l’odore all’interno delle aule erano uguali dappertutto, come i piani in laminato verde dei banchi. Identiche anche le sedie in legno chiaro, istoriate da graffiti inneggianti alla Iuve o al Milan, testimonianze del passaggio di tanti piccoli Visigoti nostrani.

Molti ancora ricordano con nostalgica fierezza di aver intinto il pennino nell'inchiostro del calamaio le cui macchie, benché asciugate con la carta assorbente, imbrattavano le pagine e tingevano le dita. Tutti indossavano bluse o grembiuli neri, l'unica differenza era il colore del fiocco o la fattura del colletto, a volte con pizzo all'uncinetto. Un'uniformità che livellava le classi sociali ma, grazie a Dio, non certo la bravura degli alunni. I libri erano oggetti quasi sacri rigorosamente foderati con carta plastificata, la cui tecnica passava come un'eredità tra fratelli. Tutto era all'insegna dell'essenzialità, i ragazzi erano già contenti nel ricevere quaderni, gomme e gessetti forniti dal Patronato Scolastico. Il materiale didattico era destinato ai più bisognosi, come accade anche in questi giorni con la distribuzione di zaini e libri per quelle famiglie impoverite a causa del Covid.

Se un tempo la cultura era binaria e molti maestri erano presenti nelle classi, attualmente l'istruzione elementare sembra quasi affidata alle donne. Loro, ancora una volta, si sono adeguate ai recenti bisogni diventando anche custodi della salute. L'impegno attuale non è avulso dai tempi in cui, negli anni Quaranta e Cinquanta, le «maestre di montagna» delle valli lombarde camminavano, a volte per ore, per raggiungere paesi isolati. Il dovere costa fatica. Sempre! Sono tante le mamme-maestre «portatrici di cultura» dimenticate.

Esse hanno contribuito a eliminare l'analfabetismo piantando il seme della cultura, fornendo i loro allievi degli strumenti indispensabili per liberarsi dai ceppi dell'ignoranza. In questi giorni, il ricordo di tutti i maestri dovrebbe odorare come il mosto di quell'uva che ci hanno insegnato essere fatta di acini e raspi e profumare come i fiori fatti di petali, pistilli e sepali. Annusando l'aria forse possiamo sentirne l'aroma.

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