Giovani, insicurezza, differenze: l'omelia del vescovo

Durante l’omelia i grandi temi da affrontare nei prossimi anni
L'omelia del vescovo Tremolada
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Nella lunga omelia del vescovo mons. Pierantonio Tremolada  affronta tutti i temi a lui cari.

Scegliere. «La nostra società è diventata incredibilmente fluida. Tutto è in contino movimento. Ma la vita domanda scelte e decisioni, punti fermi su cui edificare qualcosa che non venga travolto dal tempo e non rincorra semplicemente le emozioni. La pastorale dei volti andrà pensata anche così, come aiuto a vivere la libertà, come un affiancarsi amorevole e autorevole che consenta di affrontare insieme l’avventura seria della vita».

Triplice sfida. «Insicurezza, solitudine e indifferenza. Tre esperienze che mettono pericolosamente a rischio la qualità della vita. Questo sì ci deve preoccupare: il fatto che - almeno nell’Occidente benestante e piuttosto orgoglioso - stiamo scivolando dolcemente, senza che ce ne accorgiamo, verso una diminuzione della gioia di vivere. L’esistenza sta smarrendo la sua profondità e il senso di mistero che la avvolge».

 

 

Giovani. «Pensando ai giovani e ai ragazzi vorrei dire a tutti che solo insieme a loro sapremo leggere il momento presente e solo garantendo il loro futuro noi adulti onoreremo il compito che ci è stato affidato. Questo vale anche per la Chiesa. Il desiderio di autenticità che è tipico dei giovani, la ricerca del bello e del vero che anima il loro cuore al di là di tante apparenze, il desiderio di incontrare persone affidabili con cui confrontarsi e a cui affidarsi, tracciano le linee di quella che dovrà essere anche la nostra azione pastorale».

Ultimi. «Pensando alle persone più deboli, ai poveri e ai sofferenti, a quelli tra di noi che sentono maggiormente il peso della vita, vorrei dire a tutti che essi sono il nostro tesoro, che dobbiamo inchinarci davanti a loro, prima ancora di servirli con assoluta dedizione. Nulla dovrà venire prima di questa carità operosa».

Accoglienza. «Il mondo intorno a noi sta cambiando. Stiamo assistendo ad una trasformazione epocale il cui dato più evidente è la mescolanza delle popolazioni. Se molti temono il conflitto di civiltà noi auspichiamo l’incontro delle culture e faremo di tutto per promuoverlo e coltivarlo, per costruire quella che don Tonino Bello chiamava la convivialità delle differenze».

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