Storie

Quel «Màrden àlt» contro l'ignoto

Sull’Atlante lessicale della Fondazione Civiltà Bresciana
Orizzonti © www.giornaledibrescia.it
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«Cara mamma, qui dobbiamo anche cucirci i pantaloni. Mandami il tuo filo di lino del màrden àlt, che è il più resistente». Dal cassettone polveroso della memoria riemergono le lettere che a Precasaglio arrivavano dai ragazzi mandati al fronte nella Seconda guerra mondiale.

A me, bassaiolo da secoli, quel termine - il màrden àlt su là in quota - è rimasto impresso fin dalla prima volta in cui l’ho incrociato. L’ho ritrovato nel bellissimo «Atlante lessicale» che la Fondazione Civiltà Bresciana ha messo sul web (www.civilitabresciana.it): un centinaio di termini indagati e raccolti sul territorio (entro fine gennaio diventeranno 150) e poi posizionati come bandierine sulla cartina della provincia. Si scopre così che a Precasaglio (frazione alta di Pontedilegno) màrden è il terreno incolto.

Poco più giù, a Monno, è presente come màrzen e rende più evidente il richiamo al latino margo-marginis che significa bordo, zona di confine. Per indicare un terreno incolto, nella Bassa i miei nonni avrebbero invece parlato di un teré ’ndàt a égher, un campo abbandonato, diventato agro. Perché in latino ager è in origine la campagna incolta in cui condurre (agere) gli armenti.

Tornando in valle, l’evocazione di quel màrden àlt porta con sé qualcosa di antico. Ancestrale, forse. Un «margine alto», su in quota, al limitare del mistero del bosco. Un confine sull’ignoto, un limite a ciò che non conosciamo e per questo temiamo. Concetti lontani oggi per noi europei del 2019, per i quali confini, differenze, nazionalismi e margini verso l’altro sono ormai solo un vuoto ricordo. O no?

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