La nebbia arriva in bici tra foglie e bilìne

Dedicato ai pochi che amano le foschie di stagione
Castagne messe in padella sulle braci per diventare bristulìcc, caldarroste - Foto © www.giornaledibrescia.it
Castagne messe in padella sulle braci per diventare bristulìcc, caldarroste - Foto © www.giornaledibrescia.it
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«Màma, che bröt tèmp dei Mórcc...». L’esclamazione del collega a me coevo mi fa capire una volta di più che forse non sono sempre in sintonia col sentire comune. Perché - lo ammetto - quando l’altra sera sono uscito dopo cena per gettare l’immondizia (differenziata), mi sono trovato di colpo immerso nell’autunno e ho sentito un dolcissimo tuffo al cuore.

Buio, avvolto in una nebiulìna gréa, ch’él pàr enfinamài ch’él piüìsne, un alone umido attorno alla luce fioca dei lampioni, sotto le suole le fòie zàlde dei plàten che le fa paciüch, nella contrada il sentore inconfondibile di una stufa accesa giusto per scaldàs i-òs. Si sfocano i confini di spazio e tempo. Dalla nebbia mi aspetto di veder spuntare el nóno Angel, cappello in testa, intabarrato nel sò mantèl scür e con la bici che la crénca a ogni pedalata.

Con l’autunno i nostri nonni avevano sempre qualche castagna da regalare ai piccoli di casa. Potevano essere messe in padella sulle braci e diventare bristulìcc, caldarroste. Oppure qualcuno (di solito la nonna) le faceva còte, cioè lessate magari con una foglia d’alloro. In altri casi potevano essere bilìne (o mòndoi, a seconda delle zone della provincia) cioè lessate per tempo, spellate, messe a seccare al forno e conservate.

A quel punto saltavano fuori da qualche credènsa e venivano fatte rinvenire in un bicchiere di vino (per i grandi) o bollendole nel latte (per noi bambini). Magari servivano per qualche dolce povero. Il principe dei quali era la patùna, il castagnaccio. Intanto la nebiulìna si infittisce e assomiglia ormai alla ghèba. Il nonno non si vede più. Anche io rientro a casa, con un sorriso.

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