Il lenzuolo e la cornamusa

Nell’eco delle tre vecchie che vivono dietro al duomo
Lenzuola - © www.giornaledibrescia.it
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Implica - il condividere memorie coi lettori di Dialèktika - anche la necessità di aprire la rubrica al loro felice contributo. E così da domenica tanti i ricordi arrivati nell’eco della filastrocca «Din don campanòn / gh’è tre ’èce de dré del dòm...». Una versione in stile marcatamente ninna-nanna è quella che ci viene raccontata da Lucia B.: «Dalla mia mamma sentivo Din don campanòn / gh'è el pupì che mör de sòn / dìga la pàpa s’él la völ...». Da notare poi che alle tre anziane protagoniste possono essere attribuite attività diverse. In una versione delle rime (la riporta Franco da Quinzano) si dice che «giöna la fila, giöna la tàia, giöna la fa i capèi de pàia...» e in un’altra (Simona da Gussago) che «giöna la sùna, giöna la cànta, giöna la ména la polènta...».

Tre le vecchie e tre anche i pidocchi sulla pancia di Carlo Magno re di Francia: «Giü ch’èl màngia, giü ch’èl tèta, giü ch’èl sùna la pièta...». Il termine pièta indica qui lo zufolo della zampogna. È un diminutivo che deriva dal latino, dal termine «pipa» o dal verbo «pipire» (pigolare). Non a caso gli scozzesi le cornamuse le chiamano «pipes».

Ma in dialetto bresciano la pièta è anche il lenzuolo, o meglio ancora la parte del lenzuolo che viene piegata e rimboccata. Identico suono, diversi significato e origine. Qui credo che l’origine vada cercata nel significato di «pieghetta», di «parte piegata». Quel che in francese suona «pliée» e che affonda nel latino «plico» e nel greco «plèko» (significano piegare, avviluppare, avvolgere in un... plico). È proprio così: ragionare di dialetto e di filastrocche spesso esplica, talvolta complica, sempre implica.

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