Italia e Estero

Israele: quarantena per alcune città di ebrei ortodossi?

Qui i tassi di contagio sono più alti che nel resto della popolazione a causa del mancato rispetto del divieto di riunione
Il retro di un supermercato in Israele
Il retro di un supermercato in Israele
AA

Il Governo israeliano sta pensando all’eventualità di mettere in quarantena alcune cittadine di ebrei ortodossi, tra cui Bnei Brak, vicino a Tel Aviv. La motivazione è che in queste fasce di popolazione i tassi di contagio sono più alti che nel resto della popolazione a causa del mancato rispetto, finora, del divieto di riunione imposto dal Ministero della Sanità nella lotta al Coronavirus.

«Abbiamo non pochi problemi - ha ammesso in un’audizione alla Knesset un esponente del Governo - con gli ortodossi, specie in posti come Bnei Brak. Una parte della discussione riguarda la possibilità di imporvi una chiusura e una quarantena».

Da giorni si rincorrono gli appelli anche da parte dei rabbini capo di Israele a rispettare le disposizioni che hanno incluso la chiusura delle sinagoghe e delle scuole di studio.

Questa mattina il ministro della sicurezza pubblica Gilad Erdan ha duramente attaccato un funerale di massa, svoltosi ieri sera all’uscita del riposo sabbatico proprio a Bnei Brak, definendolo «un grave incidente che mette in pericolo la vita».

«Chiedo alla Polizia - ha aggiunto su twitter - di far applicare le istruzioni del Ministero della Sanità in ogni parte del Paese, senza eccezioni».

I dati delle infezioni, diffusi dal Ministero, sembrano aver convinto uno dei maggiori rabbini del mondo ultra ortodosso, Chaim Kanievsky, di base a Bnei Brak e finora piuttosto restio ad adeguarsi alle direttive. Oggi ha emesso una direttiva alla propria comunità di attenersi alle regole e di pregare all’aperto in massimo 10 persone e con una distanza l’uno dall’altro di 2 metri. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia