«È una sfida dura, ai medici va il mio grazie»

Il cappellano della Poliambulanza racconta la sua malattia e il suo percorso di guarigione
"UNA PROVA MOLTO DURA"
AA

Lui che porta conforto ai pazienti si è ritrovato dall’altra parte della barricata. Ricoverato in un letto d’ospedale a combattere il Coronavirus. «È un’ esperienza dura perché sono stato colpito in modo serio. Ho avuto la febbre molto alta che non si abbassava nemmeno con tachipirina e antibiotici». A parlare è don Gianluca Mangeri, 47enne cappellano della clinica Poliambulanza, ospedale dal quale è uscito nella giornata di sabato dopo otto giorni di ricovero.

«Ero molto spossato, con tosse forte. Quando ho visto che non mi passava sono andato in Pronto soccorso. Sono stato nel reparto di geriatria, anche se ormai praticamente tutta la Poliambulanza è a disposizione dei pazienti Covid». La tosse non se ne è ancora andata e anche le forze non sono quelle dei giorni migliori. «Durante il ricovero ho visto pazienti messi anche molto peggio di me. Ero in camera con un signore di 76 anni che aveva sintomi importanti. Abbiamo condiviso il percorso di combattimento e allo stesso tempo di miglioramento».

Il sacerdote-paziente non può dirsi ancora guarito. Da sabato alloggia in una delle stanze del Centro Paolo VI messe a disposizione dal Vescovo per chi, dopo l’ospedale, deve affrontare la quarantena. «Qui ci sono una ventina di casi come il mio. Siamo clinicamente guariti o in via di guarigione. Tra 15 giorni potrò uscire se il tampone sarà negativizzato».

Il pensiero va ai medici in prima linea. «Sono straordinari. Ho visto dottori e infermieri fare 12 ore al giorno. Sono dei Buoni samaritani che si stanno prodigando. A loro va un plauso enorme». Don Gianluca pensa anche alle famiglie dei contagiati. «E alle vittime che purtroppo aumentano e non sono solo persone molto anziane. Le famiglie colpite da malati sono provate e hanno bisogno di una luce. Tornerò - aggiunge - ad assistere i pazienti. Certamente aver provato sulla pelle la malattia mi consentirà di avere degli elementi in più. Bisogna sempre alimentare le speranza. Ma - conclude - mi sono reso conto che anche gli operatori della sanità hanno bisogno di sostegno».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia