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Non c'è niente di speciale: la calma olimpica di Elizabeth Swaney

Elizabeth Swaney si è esibita nell'halfpipe senza fare trick e acrobazie, arrivando ultima. A suo modo, è diventata un mito
  • La prova di Elizabeth Swaney alle Olimpiadi
    La prova di Elizabeth Swaney alle Olimpiadi
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    La prova di Elizabeth Swaney alle Olimpiadi
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Primo: non cadere. Magari non è l’obiettivo che solitamente uno si immagina di avere alle Olimpiadi, ma per Elizabeth Swaney le cose stanno così. Quando si è mostrata al mondo sulle rampe dell’halfpipe con i suoi sci, a Pyeongchang, ha pensato soltanto a portare a termine la gara senza errori, senza rischi, senza sorprese. Che è l’esatto opposto da ciò che gli spettatori (e gli atleti) si aspettano da una competizione di questo tipo, in cui si vince per l’abilità con cui si sfoggiano evoluzioni, o trick, lungo la pista.

Eppure guardarla è fantastico, il suo movimento ondulatorio da una parte all’altra del canale innevato ha qualcosa di ipnotico. E anche il suo sorriso al termine della discesa è disarmante: è arrivata in fondo senza rompersi il collo, ha partecipato alle Olimpiadi e può guardare dritta in camera serena, con la stessa calma con cui è scesa.

 

 

Ecco, calma olimpica. Se immaginiamo i Giochi come il regno dell’eccellenza, qui abbiamo solo normalità. Understatement. Banalità, se volete. Eppure Swaney, 33 anni, ce l’ha fatta. È arrivata in Corea del Sud tra le fila dell’Ungheria, il paese in cui sono nati i suoi nonni paterni. Ha iniziato a gareggiare a 25 anni, nel 2010, con le Olimpiadi nel mirino. Ci aveva provato con la rappresentativa venezuelana sfruttando la nazionalità della madre, ma le era andata male. Esclusa in partenza la partecipazione con gli Stati Uniti - la competizione con le colleghe sarebbe stata troppo alta -, ha ripiegato sulla squadra ungherese, che aveva poche atlete. 

L’obiettivo minimo per accedere ai Giochi era rientrare tra le trenta migliori partecipanti alle gare di Coppa del Mondo di halfpipe. Come racconta Deadspin, nel 2016 la sciatrice ha iniziato a prendere parte alle competizioni di halfpipe in giro per il mondo, fino a quando, lo scorso dicembre, è arrivata tredicesima su quindici in una discesa organizzata in Cina, ottenendo il pass definitivo per la Corea. Il trucco? Partecipare mentre le migliori atlete della disciplina erano impegnate in una gara in Colorado, più prestigiosa. Le sue performance nelle gare precedenti erano state costanti: nessun trick, niente pericoli, discese impostate semplicemente per arrivare fino in fondo. Così, mentre altre atlete cadevano, lei guadagnava posti in classifica. A volte anche in gare con meno di trenta partecipanti, in cui l’obiettivo minimo era dunque raggiunto in partenza. 

«Ci sono solo 24 donne nel mondo che potevano essere in questa gara, questa è la mia motivazione - ha dichiarato l’atleta al Guardian -. Voglio mostrare agli altri che lo sci freestyle è possibile e non è mai troppo tardi per entrare in questo sport. Vorrei anche aiutare gli altri a sognare e a progredire in Ungheria».

A Pyeongchang non si è qualificata per le finali, arrivando ventiquattresima al termine delle due prove di qualificazione. «Sono delusa - ha detto sempre al Guardian -. Ho lavorato molto duramente per essere qui». 

E se sui social Swaney è stata dileggiata per la sua discesa poco spettacolare, atlete come Cassie Sharpe, arrivata prima nelle qualificazioni, ha preso le sue difese: «Se impieghi tempo e energia per arrivare fin qui, allora meriti di esserci esattamente come me». 

In questi ultimi due giorni, la sua performance sta facendo il giro del mondo, diventando un caso. Mentre la snowboarder Ester Ledecka è entrata nella storia vincendo la medaglia d’oro nel superG con gli sci presi in prestito, Elizabeth ha lasciato il segno per non avere fatto niente di speciale. Se ci pensate bene, è confortante.

 

 

 

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