Una via e un crocifisso per non dimenticare le vittime del Covid

Palazzolo potrebbe diventare il primo Comune italiano ad intitolare una strada alle vittime del coronavirus
Il municipio di Palazzolo - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il municipio di Palazzolo - Foto © www.giornaledibrescia.it
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A meno di un mese dall’apertura della Fase 2 di un’emergenza non ancora conclusa, Palazzolo potrebbe diventare il primo Comune italiano ad intitolare una strada alle vittime del Covid-19. A richiederlo sono stati i consiglieri della minoranza leghista Stefano Raccagni e Simona dell’Orto, con una mozione che verrà discussa nel prossimo Consiglio comunale.

«Chiediamo che l’Amministrazione si impegni a programmare una cerimonia istituzionale commemorativa, a dedicare una via e una targa in ricordo delle vittime del Covid-19 e prevedere ogni 20 febbraio una giornata di lutto cittadino per i morti della pandemia», si legge nel documento.

Posta a cavallo tra le due province più martoriate d’Italia, se guardiamo ai dati nudi e crudi, la città dell’Ovest è quella col maggior numero di morti dopo Brescia: dal 1º marzo ad oggi sono stati circa 130 decessi (di cui solo 60 accertati con Covid).

Tra questi ve ne sono stati anche di illustri come gli ex consiglieri comunali Armando Marini, Firmo Vezzoli e Gianfranco Piovanelli, i militanti politici Carlo Delai e Walter Raccagni, il presidente della Pro Palazzolo Guido Facchetti, lo storico medico condotto Gianpaolo Sbardolini e la benefattrice Giuliana Volpini Küpfer.

Una tragedia vissuta con angoscia da tutta la comunità e che, come tale, un giorno verrà ricordata come la pagina più buia della cittadina dalla fine della Seconda guerra mondiale. La pandemia lascerà di certo il segno negli anni a venire: la Lega, ad esempio, per non dimenticare propone il 20 febbraio, giorno del «paziente zero» di Codogno, come data da istituzionalizzare. Quanto ad un prossimo accoglimento della proposta leghista da parte del Comune, per adesso il Municipio non si è ancora espresso. Il sindaco Gabriele Zanni ha spiegato semplicemente che «se ne parlerà in Consiglio, organo preposto a questo tipo di discussione».

In questo clima Luciano Bertoli, pittore e scultore erbuschese, ha realizzato una grande installazione, un Cristo crocifisso, schermato da un divisorio in plastica. Proprio come quelli che, ormai, sono diventati un’abitudine per la popolazione bresciana, tre mesi dall’apparizione del coronavirus.

Proprio Erbusco fu uno dei primi paesi in cui venne riscontrato, a fine febbraio, un caso positivo. Da allora i residenti risultati positivi ufficialmente al tampone sono stati 79, 19, invece, le vittime.
«Proprio a loro - spiega l’artista - è dedicata questa mia opera. Per renderla fruibile a tutti, l’ho posizionata all’esterno della mia abitazione, in via San Clemente».

Il tam tam, dai social al passaparola in paese, ha trasformato il Cristo ai tempi del Covid19 in una meta di visite, preghiere, ricordi dedicati a un famigliare o a un amico che non ce l’ha fatta. In tanti, in queste giornate primaverili di post lockdown, hanno allungato la propria passeggiata, ai piedi del Monte Orfano, per arrivare all’esterno dell’abitazione della famiglia Bertoli, dove anche a distanza torreggia, austera e compassionevole al tempo stesso, la figura del Cristo. Con quel pezzo di plexiglass posto all’altezza delle mani, staccate per l’occasione dalla Croce, dove restano i chiodi, insanguinati.

Un messaggio forte, di dolore e amore assieme, che ha colpito il cuore e le emozioni di tanti. Una popolazione che mai come in questi mesi ha riscoperto il valore di essere comunità. Un impegno che prosegue tutt’ora, anche in Fase 2, con tante iniziative solidali: dalle mascherine disponibili in numerosi esercizi commerciali, in accordo con il Comune, al cuore grande dell’oratorio della frazione di Zocco, che ha dovuto annullare gli appuntamenti di primavera in favore dell’assistenza ai disabili. 

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