Aumentano le infezioni sessuali, calano le diagnosi

Aumento del 40% le infezioni sessualmente trasmesse in 27 anni. Il Covid ha fermato le visite e quindi le diagnosi
Intimità di coppia (simbolica) - © www.giornaledibrescia.it
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Un aumento del 40% delle infezioni sessualmente trasmesse in 27 anni, ma soprattutto dal 2000 in poi. E un'impennata dei casi per la clamidia, infezione diffusa soprattutto tra gli under 24, con una percentuale del 30% più nel 2018 rispetto all'anno precedente.

Questi i dati che emergono dalla sorveglianza dell'Istituto Superiore di Sanità mentre dagli esperti arriva l'allarme: l'emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha ridotto il numero di persone che hanno avuto una diagnosi, un probabile effetto della paura di contagio da coronavirus, che può avere effetti negativi sulla salute. Le malattie infettive trasmesse sessualmente possono restare a lungo asintomatiche ma possono anche cronicizzarsi e sviluppare gravi complicanze a lungo termine, tra cui sterilità, parto pretermine, aborto, danni al feto e tumori, tra cui quello alla cervice dell'utero, oltre a predisporre al contagio da Hiv.

I dati elaborati dal Centro Operativo Aids (Coa) dell'Iss, che ha esaminato la tendenza dal 1991, dato di inizio della sorveglianza, fino al 2018, mostrano, in particolare, 9.094 nuovi casi di infezione causati dal batterio Chlamydia trachomatis.

Ma i casi vedono un boom nel 2018, quando sono stati 781, con un incremento del 30% rispetto al 2017. Ad esser maggiormente colpite sono le persone tra i 15 e i 24 anni, «che mostrano una prevalenza tripla rispetto a quelle di età superiore». I dati mostrano inoltre l'aumento della gonorrea, i cui casi di infezione sono raddoppiati negli ultimi tre anni.

La sifilide è raddoppiata nel 2018 rispetto al 2000 negli uomini eterosessuali e nelle donne, mentre nei maschi omosessuali l'incremento è di circa 10 volte. Diminuisce, dopo il picco del 2016, la prevalenza i Hiv. Nonostante ciò, nel 2018, tra le persone con una infezione a trasmissione sessuale confermata, la prevalenza di Hiv è stata 50 volte più alta di quella stimata nella popolazione generale: ciò conferma, spiega l'Iss, l'urgenza di testare per l'Hiv coloro che si rivolgono ai centri per curare una qualsiasi altra infezione sessuale. A preoccupare gli esperti è la marcata diminuzione di diagnosi andata di pari passo con il lockdown, che contrasta con il trend di aumento dei casi registrato negli ultimi due anni. A dimostrarlo è uno studio osservazionale, pubblicato su Sexually Trasmitted Infections e condotto da ricercatori dell'Irccs Istituto San Gallicano.

Nel Centro di Malattie a Trasmissione Sessuale del San Gallicano, nessun caso di sifilide è stato più osservato dopo il 9 marzo. È «probabile che la paura di infezione da Sars-Cov-2 abbia ridotto i rapporti sessuali conducendo a un vero e proprio declino delle infezioni ad essi correlati», spiegano i ricercatori, ma «non si può escludere che i pazienti abbiano rinviato le visite a causa dei timori legati all'accesso in ospedale durante la pandemia». 

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