Cultura

«Non amo i commissari supereroi e per il mio mi ispiro a Maigret»

Salvo Bilardello e «Il violino della salvezza», thriller avvincente nell’arco di sessant’anni
"IL VIOLINO DELLA SALVEZZA"
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Come nelle passate edizioni di «Fai viaggiare la tua storia», anche quest’anno il libro vincitore sarà in vendita abbinato al Giornale di Brescia.
Da giovedì 27 agosto, i nostri lettori possono acquistare in edicola - al prezzo speciale di 8,90 euro, più il costo del quotidiano - «Il violino della salvezza» di Salvo Bilardello, vincitore del premio nazionale promosso congiuntamente da Autogrill e Libromania, e rivolto ai tanti autori che hanno un romanzo inedito nel cassetto. Ad imporsi nella prima edizione, nel 2017, fu proprio una bresciana, Irma Cantoni, con il thriller «Il bosco di Mila» ambientato nella nostra provincia. 

Il gusto del giallo più classico e la fascinazione del romanzo storico: Salvo Bilardello ha vinto il concorso 2020 «Fai volare la tua storia» di Autogrill e Libromania, e l’ha fatto con un libro avvincente, elegante e coinvolgente, che mescola il noir, il thriller contemporaneo e la storia più cupa del nostro Paese, quella degli anni del fascismo e delle leggi razziali. Ambientato a Trieste, «Il violino della salvezza» scorre tra serial killer, indagini e piste macabre lunghe più di sessant’anni, il tutto mischiato sapientemente con le vicende personali di un commissario, Renzo De Stefano, finalmente semplice e naturale, umano e vicino a tutti noi. Tra la Trieste dei nostri giorni e la Trieste «Kleine Berlin» degli anni della Seconda Guerra mondiale, tre sensazionali delitti davanti agli occhi di tutti e altrettanti sospettati risucchiano il lettore in un vortice di vendetta, reminiscenze storiche e letterarie ed intuizioni fondamentali per risolvere un caso apparentemente irrisolvibile, che dalle vele della classica Barcolana porta a bar, monasteri, risiere e campi di concentramento, tra introspezioni e colpi di scena davvero inaspettati, come ogni buon giallo che si rispetti.

Salvo: come si documenta, intanto, uno scrittore di gialli? Prima di tutto leggendo moltissimo. In questo caso ho cercato opere che riguardassero la Shoah. E poi c’è bisogno di molta fantasia per cercare di collegare gli avvenimenti e creare una storia che sia piacevole e ricca di suspence. Qualcuno (un blogger di romanzi polizieschi) una volta mi disse che scrivere gialli era la cosa più semplice del mondo, che «anche un cretino può farlo». Direi che non c’è niente di più lontano dal vero: mettere assieme tanti fatti e collegarli verso un finale coerente non è per niente semplice. «Il violino della salvezza» è un thriller denso - inevitabilmente - di malvagità.

Cos’ha provato scrivendo certi passaggi crudi e difficili? Durante la stesura tremavo. Mi caricavo di rabbia, orrore, cercavo in me qualche input di vendetta. Io, soggetto del romanzo, potevo avere la possibilità di vendicarmi. Non è una storia di fantasia: una vicenda del genere, anche se diversa, la lessi anni fa. Avvenne in un’altra città, ma scrivendo me ne sono ricordato e l’ho allacciata al giallo. Questo è il terzo romanzo in cui compare De Stefano.

Com’è nato questo personaggio? Il primo libro l’avevo pubblicato su Amazon, ma dopo qualche tempo lo tolsi dalla distribuzione perché veniva minimizzato proprio per questa modalità di pubblicazione. Il secondo, «Bora Nera», è stato invece edito da una piccola casa romana e ha cominciato a darmi soddisfazioni. Questo era nel cassetto. Mi sono detto: perché non partecipare al concorso? Il personaggio è nato perché odio i commissari, gli ispettori e gli inquirenti supereroi. L’importante per me è che sia una persona normale, che incontriamo per strada, che potremmo essere noi stessi, senza lati caratteriali particolarissimi. Una persona piena di umanità e sensibilità. Mi sono ispirato a Maigret. E poi ho voluto creare un personaggio marsalese che, come me, opera e vive al Nord, cercando un legame tra Marsala e Trieste. Come la coppia Marina e Roberto, amici di De Stefano. Tanti sono i micro-argomenti che costellano il romanzo: il mare, il caffè, la musica... Il mare è una passione che vivo in maniera anomala per un siciliano: lo amo, ma non vado a fare i bagni e ho una fobia terribile di viaggiare in nave. La musica è invece la mia più grande passione, la vivo in maniera intensa, in particolare il violino, a mio parere lo strumento per eccellenza. E qui è un simbolo profondo: rappresenta la speranza di un ragazzino che con la musica può salvare la sua famiglia. Una salvezza che si ridurrà in parte e che quindi rende il violino il simbolo di un ricordo triste di orrori e vendetta, ma non di giustizia. Perché la vendetta non dà pace, è la giustizia che la dà. Quindi è anche simbolo di pentimento e redenzione. La musica del violino è consolatrice. Sono andato anche a scovare un quadro di Caravaggio della fuga in Egitto della Sacra Famiglia: in un momento di riposo Caravaggio dipinge Giuseppe su un masso con l’angelo che lo consola proprio con la musica di un violino.

Lei è chimico, prima che scrittore: cosa porta della chimica nei suoi romanzi? In questi tre romanzi in realtà molto poco. Il carattere del chimico peraltro è molto curioso: una curiosità tipica del mestiere diventa fattore principale dello scrivere, indispensabile per intessere romanzi gialli.

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