Cucina

Tempo di ciliegie e duroni: la ricetta per un dessert da chef

Quest'anno sono arrivati un po' in anticipo in buona quantità anche se i prezzi non sono dei migliori
Ciliegie - © www.giornaledibrescia.it
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Ormai molti anni fa il cinema francese ha reso un romantico omaggio al «tempo delle mele», mentre Stagioni in tavol@, più sommessamente, vuol oggi dar lustro al gran «tempo dele ciliegie». Che è proprio questo, ovvero le settimane a cavallo tra la fine di maggio e l'inizio di giugno, da sempre l'arco temporale migliore per gustare i frutti più ricchi e succosi.

Poco meno di un anno fa, lamentavamo in questo stesso spazio il ritardo nella maturazione di questo delizioso regalo della primavera, attardato dalle bizze meteorologiche dei mesi precedenti. Quest'anno, invece, i tempi sono pienamente rispettati. Anzi persino con qualche anticipo e un'abbondanza d'offerta anche precoce sul mercato che, però, non si è purtroppo tradotta in una gran riduzione dei prezzi, a causa anche delle difficoltà di raccolta e di distribuzione dovute alla pandevia da Covid. 

Ora però le quotazioni appaiono più calmierate pure per alcune delle varietà regina, ad esempio quelle più duracine caratterizzate da un bel colore rosso intenso, dalla polpa soda e un bell'equilibrio tra dolcezza e finale bilanciato dalla giusta acidità. In particolare per le produzioni protette da Igp di Vignola in Emilia e Marostica in Veneto.

IL PARERE DELL'ESPERTO. Conosciute fin dall'antichità, la gran parte di varietà delle ciliegie, anche i duroni, sono arrivate nel Mediterraneo dall'Asia. E una volta tanto, almeno per l'Italia, si conosce persino il personaggio che ne avrebbe curato l'approdo. Ovvero quel Lucio Licinio Lucullo, un politico del primo secolo avanti Cristo passato alla storia per i suoi pranzi sontuosi e opulenti (luculliani appunto) che le avrebbe importate sulla sua mensa e nei suoi frutteti dopo un viaggio in Turchia. Precisamente dalla città di Cerasunte, l'attuale Giresum sulla costa meridionale del Mar Nero.

Inutile sottolineare che ebbero subito grande successo che durò per tutto il periodo imperiale, rischiando l'oblio nel Medioevo e riuscendo a mantenerne l'eredità soprattutto grazie a qualche monastero Solo nel XVI secolo se ne tornarono a coltivare diffusamente le essenze, curiosamente però quasi più per l'utilità del legno, necessario in particolare per la fabbricazione di strumenti musicali come flauti e canne d'organo, che per i frutti.

Lo sviluppo più recente, soprattutto nell'area emiliana di Vignola e in quella vicentina di Marostica, oggi protette da Igp, è datato ai primi decenni del secolo scorso, quando la crisi della seta mise fuori mercato la coltivazione dei gelsi e l'allevamento dei bachi, in particolare in una vasta area tra Bologna e Modena. E in quel frangente, piantar ciliegi e scoprire l'alta qualità di alcune varietà, come i duroni, rappresentò l'ancora di salvezza per intere comunità. 

Sul piano nutrizionale conviene ricordare che le ciliegie sono ricche di acqua, vitamine e sali minerali e, pertanto, vantano ampie proprietà diuretiche e depurative. Le antocianine e flavonoidi di cui sono significativamente dotate ne fanno poi un valido presidio alla salute del fegato e del cuore, anche per la riduzione d'apporto di colesterolo. Infine val la pena di sottolineare come lo zucchero che le rende dolcissime sia frutosio, una molecola chimicamente semplice, facile da digerire e indicata anche per i diabetici, giacchè non altera i coefficienti glicemici del sangue

LA RICETTA. Si sa che una ciliegia tira l'altra e avere dinanzi a tavola una ciotola di frutti polposi in acqua fresca è tentazione irresistibile, ma abbiamo già visto un anno fa anche l'opportunità di preparazioni salate, magari con carni grasse, oppure in salse e confetture ion particolare per le varietà più acide. Oggi però vogliamo suggerire una soluzione dolce per un dessert di duroni ben maturi, semplice quanto spettacolare, da sfruttare magari all'aperto in queste prime calde serate d'inizio estate.

Parliamo di ciliegie fiammeggiate da servire con il gelato e accompagnate da noci tostate e tritate con crumble croccante o biscotto friabile che dir si voglia (e che si può trovare senza difficoltà già pronto in pasticceria come al supermercato). Ideale un fornello o una piastra a induzione da esterno, da usare in giardino o in terrazza, così da evitare ogni rischio dal flambé, ma se usate le giuste precauzioni si può fare in sicurezza anche fra le mura di casa. Basta non esagerare con l'alcol.

Prendete dunque una padella ampia e dai bordi bassi e fate sciogliere una noce di burro con un cuchiaio ben colmo di zucchero di canna. Non appena si sarà formato un po' di caramello, bagnate con un bicchiere di succo d'arancia. Quasi contemporaneamente aggiungete due/tre ettì di duroni ben maturi, lavati, snocciolati e divisi a metà.

Mescolate e lasciate cuocere per qualche minuto, così che evapori parte del succo che diverrà simile a uno sciroppo. Quindi irrorate velocemente con un bicchierino di liquore (meglio di frutta, come un Grand Marnier, ma possono andare benissimo anche rum e brandy). Fiammeggiate immediatamente con attenzione accendendo i vapori d'alcol che bruceranno per pochi secondi. Spegnete il fornello e servite in una coppa con gelato di crema, noci o mandorle brevemente tostate in un'altra padella e sminuzzate nonchè qualche briciola di biscotto o crumble.         

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