Quell’alpino che ha fatto felice il mio bambino

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Quand’ero giovane comprai una moto. La cosa insolita non era tanto l’essere femmina, quanto la mia totale inesperienza, visto che in adolescenza nemmeno le suppliche più commoventi convinsero mai i miei genitori a comprarmi almeno il mitico Ciao della Piaggio che tanto andava di moda ai miei tempi. Ebbene, ritirai la mia Honda CB500S in un lontano giorno di primavera che vedeva Brescia accogliere un raduno nazionale degli Alpini. Appena uscita dalla concessionaria, guidando per la prima volta due ruote che non fossero quelle di una bici, uno sciame di alpini festanti attraversò la strada che stavo percorrendo incerta ed uno di loro - ignaro del rischio che correva - salì sulla mia moto abbracciandosi a me e dicendo agli altri: «ciao, me fò portà via da chésta béla scéta». Il mio «salta zò, per l’amur de Dio, che l’è la prima òlta e sò gnache bùna de nà...» l’ha convinto all’istante, mentre io proseguivo spaventata ma divertita pensando che... gli alpini sono così! Oggi, 20 anni dopo (senza più la moto e mamma di un bimbo di cinque anni), siamo andati in centro a vedere la fanfara degli Alpini nella Giornata della Memoria. Il mio piccolo è impaziente, li osserva schierati davanti alla Loggia ma vuole sentirli suonare e mi tormenta. Vuole andare dall’alpino «con la fascia verde» a chiedergli quando inizieranno a suonare ed io acconsento, anche se conosco la timidezza del cucciolo e non penso che attraverserà la piazza per arrivare allo schieramento. Invece parte, con passi incerti, ma quando incontra lo sguardo dell’alpino con la fascia verde si fa coraggio e gli va incontro di corsa. L’alpino con la fascia verde si abbassa e tocca terra con un ginocchio, gli parla con dolcezza, lo accarezza, il colloquio dura molto più di quanto io pensassi. Il soldato ed il bambino, uno di fronte all’altro. Mi fanno tenerezza! Dopo alcuni minuti il mio bimbo torna e mi dice che è diventato amico dell’alpino con la fascia verde e che quando sarà grande, se vorrà fare l’alpino con lui, dovrà andare sul Lago di Garda. E lui andrà, perché vuole suonare il tamburello (mi fa vedere quale). Comincia il concerto, la loro parata fiera ed ordinata mi emoziona e mi rende orgogliosa di essere italiana. Alla fine del penultimo brano l’alpino con la fascia verde fa cenno al mio bambino di avvicinarsi. Lui, col suo cagnolino bianco di pelouche infilato nel cappuccio del giubbino, gli corre incontro e si ferma ancora davanti al suo amico alpino, che si accuccia per salutarlo. Due calde lacrime solcano il mio viso... mentre sento i commenti emozionati ed inteneriti delle persone intorno a me. L’ultimo brano, cantato in coro, solleva definitivamente i peli dalla pelle dei presenti e poi, in una fila ordinata e orgogliosa, gli Alpini sfilano lasciando la piazza tra gli applausi della gente che li ama. Mentre la manina del mio bimbo li saluta, l’emozione non smolla il groppo dentro la mia gola. Ciao Alpini generosi e sempre vicini al popolo italiano. Ciao Alpini monelli con le ragazze, ma col cuore pulito. Ciao Alpini che arrivate per primi quando terremoti ed alluvioni violentano l’Italia. Ciao Alpini... siete la parte migliore della Patria, che Dio vi benedica sempre! Ciao Alpini del pane e salamina, stasera il calice - da voi sempre apprezzato - lo alziamo per brindare a voi tutti ed all’Alpino con la fascia verde, fiero nella sua marcia, tenero con un bambino.

// Alessandra Garatti Frison
Brescia
Piccoli gesti che rendono grandi. Le sue parole, gentile lettrice, bene definiscono l’alpinità che sentiamo di casa nei nostri cuori e che vela di lacrime di commozione i nostri occhi. Brescia ne ha avuto prova anche con le recenti celebrazioni per il 75esimo di Nikolajewka: veci e bocia insieme «per non dimenticare» testimoniando l’abbraccio tra ex nemici diventati costruttori di Pace. Per ribadire che dal male può - anzi, deve - nascere il bene. La speranza nel futuro si costruisce anche così, seminando bontà e gioia marciando con un tamburello. (n.v.)

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