Ma ora i dem non si fermino sull’Aventino

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In un momento delicato per il Paese che rincorre una ripresa economica ancora troppo debole e in un contesto internazionale di gravi tensioni geopolitiche che richiederebbero un governo nel pieno dei suoi poteri decisionali, rilevo come purtroppo a tutti i politici italiani manchi un autentico senso di responsabilità e resto esterrefatto di fronte ai comportamenti di alcuni partiti. Quello che mi lascia a dir poco basito è però l’atteggiamento del Pd. Sebbene sconfitto dalle elezioni del 4 marzo, sembra aver rinunciato a priori ad un dialogo costruttivo, in particolare con i Cinquestelle per dar vita ad un esecutivo di cambiamento. Anziché discutere di programmi e di opportunità per il Paese, i democratici si sono ritirati in una sorta di Aventino manifestando anche una certa spocchia nei confronti degli avversari giudicati a priori degli incapaci, una sorta di snobismo e di malcelato «razzismo» ideologico per i pentastellati, retaggio forse della paventata superiorità morale della sinistra di berlingueriana memoria. Ecco, ai dem consiglierei maggiore umiltà in virtù non solo della sconfitta elettorale che affonda le sue radici nell’incapacità del Pd di interpretare il sentimento popolare (che non vuol dire diventare populisti) e le istanze della società, e un po’ di sana Realpolitik. Perché in fondo, a determinate condizioni, l’abbraccio con i Cinquestelle non è quella immane sciagura che paventa Matteo Renzi che di errori ne ha inanellati a sufficienza, ma potrebbe essere per il Pd una straordinaria opportunità per dare una svolta al Paese, una scossa positiva che manca da troppo tempo. I Cinquestelle, contraddittori e ambigui su molte questioni, hanno tuttavia il pregio di possedere un grande entusiasmo di fondo che correttamente incanalato può rappresentare una grande risorsa riformista. Certo perché si realizzi questa bizzarra, ma non troppo, alleanza, servono alcuni pressupposti non facili da realizzare. Di Maio deve rinunciare all’ipotesi di fare il premier come pegno del compromesso, Renzi deve mollare la presa su un partito svuotato di contenuti e carica emotiva, rinunciare se ce la fa, a quella smania di potere che è stata fatale a lui, al partito e persino all’Italia. Senza questo tentativo di assunzione di responsabilità da parte del Pd, temo infatti che i dem si incamminino verso un destino di irrilevanza politica.

// Paolo Venturini
Brescia

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