In classe continuano ad esserci studenti seri: valorizziamoli

Sono un insegnante di Lettere in servizio da tanti anni nel mondo della scuola, e da parecchio tempo desideravo scriverLe, ma le vicende legate alla pandemia mi avevano, negli ultimi mesi, un po’ trattenuto. Ora che volge al termine anche quest’anno scolastico, che ha segnato un graduale ritorno alla normalità della didattica «in presenza», desidero offrire un piccolo contributo alle discussioni che ciclicamente investono il mondo della 0scuola, in particolare nella fase conclusiva delle lezioni: è, questo, il tempo dei bilanci, e quindi anche delle polemiche, della disillusione per gli insoddisfacenti risultati raggiunti, per la mancanza di adeguati investimenti sul personale docente e non docente. Io vorrei, invece, far emergere, della scuola, anche un altro aspetto, che spesso rimane «sottinteso»: nelle classi dei nostri istituti scolastici ci sono, continuano ad esserci, tanti studenti meritevoli, tante persone serie, che chiedono alla scuola di prepararli a ragionare, a confrontarsi, a discutere, ad apprendere, a comprendersi, a gettare uno sguardo dentro di sé per poi aprirsi al mondo, quando saranno là fuori. Io ne sono testimone, sig. Direttore: in questi anni ho avuto come alunni parecchi studenti - che mi sento di ringraziare, perché hanno dato dignità a questo lavoro così faticoso - ai quali non è stato mai necessario rivolgere un rimprovero, dai quali mi sono sentito interpellare con fiducia, e che hanno cercato sempre di mettersi in gioco. Potremmo definirli con la celebre espressione pasoliniana «la meglio gioventù»: ragazzi dallo sguardo vivo, di cui ci resterà traccia, perché nessuno se ne va mai del tutto dalla scuola in cui è cresciuto. Ogni volta che un quinquennio si conclude, e si giunge, talora con commozione, al momento dei saluti, percepisco con chiarezza che, al di là dei persistenti limiti del sistema scolastico, abbiamo contribuito a «costruire» delle persone, abbiamo dato inizio a quel percorso delineato dall’articolo 3 della nostra Costituzione, che ha per oggetto il «pieno sviluppo della persona umana». L’auspicio è che questi giovani siano accolti come un tesoro da custodire e valorizzare anche da parte di tutta la società civile.
// Antonio Del Vecchio
Istituto «C. Golgi», Brescia
Gentile insegnante, la sua lettera va ad arricchire il «ciclo» dei messaggi positivi che a fine anno scolastico ci arrivano da genitori e insegnanti, e che aprono spiragli di speranza sulla funzione educativa che ancora può svolgere la scuola. Questa testimonianza assume un valore speciale perché riporta appieno gli studenti al centro di quel protagonismo che dovrebbero avere nel proprio percorso formativo e di sviluppo personale, per essere (ed essere riconosciuti come) il tesoro necessario della comunità di cui sono parte, e più in generale della società civile. Conforta che tra noi non crescano solo disadattamento, violenza e apatia come spesso si dice a proposito di nuove generazioni, ma che cresce sempre anche una «meglio gioventù» che chiede di esser riconosciuta. Che chiede fiducia, e soprattutto di non veder tradite le aspettative verso il futuro che le si è insegnato a costruire. (g.c.)
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