Il mio doppio lutto e quel che resta del bene profondo

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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La morte di un amico, ci mette in discussione ed è quella «livella», che ci fa tornare sulla terra, quando siamo distratti, o peggio, quando stiamo elaborando un altro lutto. Il 26 ottobre 2024, la mia mamma, ci aveva salutati, arrendendosi alla «bestia» che si era presa il suo corpo, senza neppure rendersi conto, di ciò che le stava accadendo. La stessa «bestia», insaziabile e violenta, il 23 maggio 2025, si è presa anche il mio amico Francesco, un omone che aveva anche un cuore direttamente proporzionato alla sua altezza. Le cose accadono, poi dobbiamo andare avanti, ma abbiamo anche il dovere di fare tesoro, sia delle gioie, che dei dolori. Allora, ogni volta dobbiamo chiederci a che punto siamo arrivati, del nostro bel «viaggio». Con Francesco, «viaggiavo» da quarant’anni, da quel 1985, nell’anno della naia, che siamo stati in grado di trasformare in qualcosa di utile. È stato presenza discreta, annullando la distanza fisica tra Brescia e Catania. Da lui ho ricevuto lezioni di amore, guardando al suo amore per la famiglia, di semplicità, guardando alla sua vita semplice, di rispetto, pensando alla nostra diversità. Presente, nei momenti di dolore, di gioia, nelle sconfitte e quando ho vinto. Stavo cercando di ricostruire un ramo e ne è caduto un altro, però mi resta tanto, perché sia con Cesarina, che con Francesco, ho cercato di rendere ciò che ho ricevuto, ma non ho avuto il tempo necessario per farlo. Quello che resta, non è roba mia e se fosse così, o se un giorno, diventasse così, sarebbe la fine del «viaggio».

Gabriele Guerini
Iseo

Caro Gabriele, nella risposta alla lettera di ieri sottolineavamo come l’essere umano non sia al centro dell’universo, eppure abbia qualcosa di originale, di illuminante, che lo distingue. Oggi le sue parole lo confermano. La frase «stavo cercando di ricostruire un ramo e ne è caduto un altro» è bellissima e struggente al tempo stesso. Il dolore per la scomparsa di chi è caro ci accomuna tutti, così come rendere ciò che abbiamo ricevuto è un proposito buono. Una sola obiezione: non è vero che lei non abbia «avuto il tempo necessario per farlo». Da quel che scrive siamo certi che si sia goduto Cesarina e Francesco e che loro fossero pienamente coscienti del bene donato e ricevuto. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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