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Otto coltellate: così ha ucciso la moglie

Il femminicidio si è consumato alle 23.30 di ieri sera a Pordenone. Il 33enne infermiere, incensurato, si è presentato in Questura
L'abitazione dove è avvenuto il femminicidio - Foto © www.giornaledibrescia.it
L'abitazione dove è avvenuto il femminicidio - Foto © www.giornaledibrescia.it
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L'ha uccisa con almeno otto coltellate a testa e volto allo scadere della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. L'ennesima vittima di femminicidio è Aurelia Laurenti, 32 anni, ex estetista, poi casalinga e mamma a tempo pieno, massacrata nella casa che da oltre 7 anni condivideva con il compagno, Giuseppe Forciniti, infermiere professionale, di 33 anni, incensurato e mai segnalato per maltrattamento in famiglia.

La coppia ha due figli, di 8 e 3 anni: erano nella loro cameretta e non si sono accorti di nulla. Una tragedia non annunciata: per parenti e vicini la coppia è sempre apparsa tranquilla, anche se con il passare delle ore, e con le affermazioni dell'uxoricida, sono emerse recenti tensioni. La tragedia è avvenuta alle 23.30 di ieri sera, in camera da letto.

L'uomo ha colpito ripetutamente con un coltello da cucina la donna, che è morta dissanguata. Poi ha raggiunto la stanza dove dormivano i due figli, li ha caricati in auto e portati dagli zii. Ha citofonato al cognato e senza spiegare li ha messi in ascensore ed è ripartito, diretto in Questura a Pordenone. Si è fermato soltanto per disfarsi dell'arma del delitto: il coltello è stato rinvenuto stamani in un cassonetto dei rifiuti.

Quando Forciniti si è trovato di fronte agli agenti di guardia notturna ha simulato di essere rimasto vittima di una rapina: «Qualcuno è entrato in casa e ha aggredito me e mia moglie», è la versione che ha fornito. Ma le mani sporche di sangue e alcuni evidenti tagli sulle braccia hanno spinto i poliziotti ad approfondire la vicenda. L'uomo è crollato dopo poche domande, ammettendo di aver colpito mortalmente la compagna.

Una versione ripetuta anche durante l'interrogatorio in Procura, ma arricchita da particolari in un tentativo di edulcorare le responsabilità del femminicidio: «Sono stato aggredito fisicamente da lei mentre eravamo in camera da letto. È anche comparso un coltello, con cui ha cercato di colpirmi. Ne è nata una colluttazione, ho afferrato l'arma e l'ho colpita una sola volta, al collo. Lei è caduta a terra e io sono scappato in stato di choc».

Le sue affermazioni tuttavia non corrispondono alle risultanze della prima ispezione esterna del cadavere: la vittima è stata colpita più volte, in modo grave e profondo, almeno otto volte al collo e al volto. Per questa ragione, la Procura ha chiesto la convalida dell'arresto per omicidio pluriaggravato. «Gli investigatori della Squadra Mobile stanno sentendo i congiunti e i vicini di casa - ha fatto sapere il Procuratore Raffaele Tito -. L'autopsia si terrà nei prossimi giorni. Il soggetto ha ammesso di aver colpito la compagna, seppur nel quadro di una presunta colluttazione che è tutta da accertare e non collima con i primi riscontri e il tentativo di depistaggio messo in atto una volta giunto in Questura. In modalità protetta, e con l'ausilio di psicologi, si cercherà di capire se il bambino più grande, che ha 8 anni, ha udito o visto qualcosa di utile all'indagine».

Per poter sentire l'assassino reo confesso con le garanzie di legge, si è dovuto attendere alcune ore. L'infermiere - che lavora in un reparto Covid a Pordenone («anche per questo sono sotto stress», le sue parole) aveva indicato, per una precedente conoscenza personale, come avvocato di fiducia Rosanna Rovere, già presidente dell'Ordine di Pordenone e una vita spesa a tutelare i diritti delle donne vittime di violenza. Ma la legale ha rifiutato l'incarico

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