Italia e Estero

Lombardia 2023: ora il campo largo spiazza centrodestra e centrosinistra

Il dubbio Cottarelli, l’incognita Moratti: entrambi gli schieramenti in fibrillazione studiano i «piani B» tra primarie, candidature e alleanze
La sede del Consiglio regionale - Foto © www.giornaledibrescia.it
La sede del Consiglio regionale - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Formalmente la versione è che «tutto resta in stand-by fino al 26 settembre. Che poi, visto come stanno andando le cose, è evidente che di programmi non se ne possono fare». Ufficiosamente, quando il taccuino si chiude e l’anonimato è garantito, gli scenari si moltiplicano. Perché il terremoto nazionale che ha portato alla caduta del governo Draghi ha lasciato in eredità alla Lombardia le sue scosse di assestamento. Al punto che entrambi gli schieramenti stanno vagliando i rispettivi piani B e C, alias: candidati e coalizioni alternative.

Nel centrosinistra

In casa centrosinistra sono tutti concentrati sulle Politiche o, meglio, sulle candidature per le Politiche. «Anche troppo», non faticano a dire i consiglieri regionali, preoccupati che questo immobilismo sulla Lombardia possa crepare il percorso costruito finora, fino ad inficiare le grandi battaglie condotte dai banchi dell’opposizione. La ragione di questa inquietudine è esattamente la stessa del centrodestra e si chiama Letizia Moratti. Con il campo largo pronto al debutto sulla scena nazionale, infatti, non sfugge a nessuno che a concedere il primo endorsement pubblico alla vicepresidente sia stato proprio il leader di Azione, Carlo Calenda: dopo aver accolto gli ex forzisti, e se la contesa tra l’assessore al Welfare e il presidente Attilio Fontana non si concluderà con un lieto fine, il passo successivo potrebbe essere quello di vedere proprio Moratti candidata nel campo largo del centrosinistra.

Lei, del resto, in qualche modo lo ha anche dichiarato: «Aspetto una verifica nel centrodestra, dopodiché mi riterrò libera e indipendente di fare le mie scelte, come sono sempre stata». Un dubbio e una prospettiva che non piacciono affatto a buona parte dei Dem. «Come si fa, dopo anni di contestazione netta su tutta la linea politica sanitaria, a pensare di appoggiare il volto delle riforme sulle quali abbiamo dato battaglia?» è la domanda che i consiglieri del Pd continuano a ripetere. Anche perché la scelta del candidato presidente numero uno non sembra più essere una certezza: Carlo Cottarelli dovrebbe essere quasi certamente candidato a Roma. Certo, questo non esclude un'eventuale corsa anche per la guida della Regione, ma nell’aria potrebbe esserci per lui qualche incarico di alto profilo.

Il quadro, insomma, si fa sempre più confuso: se l’economista non si dovesse più candidare in Lombardia, tutto tornerà al punto di partenza. Con un’alleanza che nel frattempo non solo ha cambiato pelle, ma che uscirà dalle urne con percentuali che potranno pesare maggiormente sulle scelte e sugli assetti futuri. Tradotto: quale sarà il peso di Azione rispetto a questa scelta? C’è chi dice che di fronte allo scranno vuoto di Cottarelli la via maestra siano le primarie con Bruno Tabacci, Beppe Sala e - se ci fosse un sì da parte sua - anche con il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono. Ma senza un percorso ben costruito, a sei mesi dalle elezioni e senza garanzie di un paracadute a Roma, chi sarà disposto a metterci la faccia?

«È ovvio che questo quadro favorirebbe Moratti candidata, un modo per sottrarre voti preziosi al centrodestra e forse l’unica strada per prendersi la Lombardia» dice chi, nel centrosinistra, tifa per il campo largo lombardo. Che però fa i conti senza l’oste: sicuri che, il 26 settembre, a schede scrutinate, il campo largo così concepito si riveli davvero un vantaggio?

Nel centrodestra

Il presidente Attilio Fontana e la vice Letizia Moratti - © www.giornaledibrescia.it
Il presidente Attilio Fontana e la vice Letizia Moratti - © www.giornaledibrescia.it

Al centrodestra non va certo meglio. Il guanto di sfida lanciato dalla vice al presidente sta rendendo la situazione «alquanto imbarazzante». In Aula sono seduti accanto, ma il gelo (e il silenzio) tra i due sono evidenti. E se l’idea del voto anticipato sarebbe ormai finita su un binario morto, si allontana sempre più anche l’ipotesi di un mega rimpasto dopo il 25 settembre.

La Lega - che domani concluderà in via Bellerio la raccolta delle firme per l’accettazione delle candidature - alla fine ha deciso che nessuno dei regionali si muoverà da Milano. L’unico che potrebbe essere chiamato per ricoprire il ruolo di viceministro potrebbe essere l’assessore alle Attività produttive Guido Guidesi. E senza mega rimpasto sarà più difficile per Fontana esiliare dalla Giunta la sua vice, sempre più convinta a correre per diventare la numero uno in Regione.

Sullo sfondo, ci sono però due scenari. Il primo: di fronte a una vittoria del centrodestra a Roma, Giorgia Meloni potrebbe trovare in Moratti il premier che incontra l’unanimità. La seconda la dice un politico di vecchio corso, seduto nel centrodestra: «Siamo davvero così certi che, alla fine, il presidente non verrà davvero candidato al Senato?». In questo caso - che al momento sembra davvero il più remoto e che non trova conferme ufficiali - ci sarebbe già il nome del candidato di riserva: no, non sarebbe Letizia Moratti. Ma Massimo Garavaglia.

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