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«Lockdown? Due settimane per valutare gli effetti del Dpcm»

Il coordinatore del Cts Miozzo: «Solo allora sapremo se le misure funzionano e potremo decidere»
L'arrivo di un'ambulanza in un pronto soccorso - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
L'arrivo di un'ambulanza in un pronto soccorso - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Sapremo se le misure funzionano tra «almeno due settimane, poi saremo pronti per decidere se abbiamo raggiunto il limite non compatibile e si deve passare ad un intervento più radicale come quello che abbiamo già dolorosamente sperimentato a marzo e aprile. Solo con il rispetto rigoroso delle regole, il lockdown potrà essere ricordato come una brutta esperienza del passato».

Così il coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) Agostino Miozzo parla del Dpcm dicendo che risponde «alla situazione attuale del Paese che è in rapidissimo peggioramento» e dove racconta che «dal 18 aprile chiediamo di "attuare ogni misura per ridurre i picchi di utilizzo del trasporto pubblico"».

Gli ospedali «soffrono una pressione difficilmente sostenibile nel lungo periodo, soprattutto nei territori in ritardo nell'organizzazione dei percorsi dedicati ai pazienti Covid. L'unico modo per alleggerire è coinvolgere medici di famiglia e pediatri di libera scelta. Con l'accordo appena siglato tutti i cittadini potranno fare i tamponi rapidi con il loro medico. Vanno coinvolti. Naturalmente vanno messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, senza escludere sanzioni per chi si rifiuta».

Inoltre, osserva, «dobbiamo promuovere, insistere, fare tutto il necessario per avere tutti sul proprio cellulare l'applicazione Immuni. Se vuoi entrare in università devi avere l'applicazione». Sulle scuole: «Io sono un fautore della scuola al 100%. Il vero coraggio è tenerle aperte e adattare il sistema a questa esigenza. Dobbiamo difenderlo se non vogliamo trovarci centinaia di migliaia di ragazzi terrorizzati e affetti dalla sindrome della capanna».

Infine, a proposito delle polemiche sul Cts, Miozzo fa presente che «imputare al Cts responsabilità di una situazione figlia delle sofferenze imposte al sistema sanitario italiano nei decenni passati è, non solo scorretto, ma direi disonesto».

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