Italia e Estero

Leggere i dati sul Covid non è così semplice

L'epidemia di Covid-19 in Italia peggiora e a livello nazionale l'indice di contagio Rt è pari a 1,7. Ma non è l'unico numero che conta
Tamponi drive-in alla Fiera di Treviglio - Foto Ansa/Filippo Venezia © www.giornaledibrescia.it
Tamponi drive-in alla Fiera di Treviglio - Foto Ansa/Filippo Venezia © www.giornaledibrescia.it
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L'epidemia di Covid-19 in Italia peggiora e a livello nazionale l'indice di contagio Rt è pari a 1,7: il direttore del dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, presenta il quadro di una «situazione epidemiologica da Covid-19 che continua a peggiorare», con «oltre 500 casi per 100mila abitanti e quasi tutte le regioni italiane pesantemente colpite».

Come ogni lunedì, i casi segnano una riduzione: sono scesi a 25.271 (7.000 in meno in 24 ore), e si è ridotto anche il numero dei tamponi: 147.725 ieri contro 191.144. I decessi sono stati 356 in più in 24 ore e i ricoveri nelle unità di terapia intensiva sono saliti complessivamente a 2.849. Con 4.777 nuovi casi, la Lombardia continua a essere la regione più colpita, seguita da Campania (3.120) e Piemonte (2.876). Nonostante i numeri calino a livello nazionale, il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere alto: 17,1%. Da tre giorni ormai si è attestato su valori superiori al 17%, primo indicatore di come i numeri dell'epidemia continuino a sfuggire numerosi dalle maglie del tracciamento.

«Nei ricoveri ospedalieri - dice ancora Rezza - notiamo una tendenza all'aumento e soprattutto c'è un incremento per quanto riguarda i ricoveri in terapia intensiva e questa situazione giustifica l'adozione di interventi più restrittivi soprattutto nelle regioni più colpite. E naturalmente necessita dell'adozione di comportamenti prudenti da parte di tutti i cittadini».

Avere un quadro fedele della situazione epidemiologica è comunque molto difficile perché «l'indice Rt viene calcolato sulla base della data in cui sono comparsi i sintomi», osserva il fisico Giorgio Parisi, dell'Università Sapienza di Roma. «La percentuale di chi ha i sintomi varia da regione a regione» e «non viene indicato il motivo per cui le persone fanno il tampone».

Sarebbe importante saperlo, secondo il fisico, soprattutto considerando il fatto che «una volta c'erano variazioni non notevoli, ma adesso non si capisce perché molti facciano i tamponi». Significa, ha detto, che «le regioni non riescono a fare il contact tracing come una volta e che non riescono ad avere informazione di quanto sta succedendo».

 

 

Ecco perché il rapporto fra casi positivi e tamponi continua a essere «molto alto in tutto il Paese»: «Il fatto che il rapporto rimanga costante rispetto ai giorni in cui i tamponi sono di più fa pensare che riduzione dei casi positivi sia solo apparente», ha rilevato il fisico Giorgio Sestili, fondatore e fra i curatori della pagina Facebook Coronavirus - Dati e analisi scientifiche. Sostanzialmente «ogni 40.000 tamponi che facciamo registriamo 7.000 casi in meno: è come se il rapporto fra la riduzione dei tamponi e quella dei casi sia costante», ha osservato.

 

  • Tamponi, positivi, terapie intensive: l'andamento
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L'andamento dei decessi mostra invece un rallentamento, in linea con la curva epidemica, che ormai mostra di avere un tempo di raddoppio dei casi superiore a sette giorni.

Aumenta in modo costante, invece, la situazione dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva, con un numero costante che da una settimana continua a indicare 100 unità ogni giorno. «Non sappiamo a che cosa sia dovuto, conosciamo solo il saldo e l'ipotesi più verosimile è che possa essere cambiato qualche protocollo: bisognerebbe sapere quanti entrano e quanti escono ogni giorno, ma questo dato purtroppo non viene comunicato».

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