Italia e Estero

Infettivologi: «Il rischio epidemia non è finito»

Nota congiunta di infettivologi, anestesisti, medici di Medicina generale, di diabetologia e di geriatria
Test in laboratorio - Foto Epa/Stephanie Lecocq © www.giornaledibrescia.it
Test in laboratorio - Foto Epa/Stephanie Lecocq © www.giornaledibrescia.it
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«Affermare che il rischio epidemico sia cessato non ha nessuna base scientifica, può essere causa di disorientamento e indurre una parte della popolazione a non rispettare le indicazioni di contenimento che invece devono essere mantenute». Lo dicono in una nota congiunta i presidenti delle società scientifiche degli infettivologi (Simit), degli anestesisti (Siaarti), di Medicina generale (Simg), di diabetologia (Sid) e di geriatria (Sigot).

La Simit sottolinea la necessità di continuare a mantenere le misure di prevenzione e le argomentazioni sono state esposte in una lettera aperta. Un documento in cui viene spiegato che è solo grazie alle misure di contenimento adottate con il lockdown che è stato possibile arrestare la progressione dell'ondata epidemica. E ancora: «Non esistono diverse tipologie del virus: il ceppo virale implicato tanto nei casi mortali quanto in quelli di modesto significato clinico è stato sostanzialmente lo stesso, con le variazioni nel genoma che sono attese in un virus a RNA, ma che non sono tali da giustificare una differente virulenza di un ceppo rispetto agli altri». Inoltre - aggiungono - dagli studi attuati e in corso non emergono differenze significative nei ceppi virali presenti e studiati in Italia.

«Tutte le evidenze scientifiche attualmente disponibili indicano nella risposta immunitaria individuale l'elemento determinante nel condizionare il decorso della malattia. In altre parole, non è il virus ad essere più o meno aggressivo, ma è il singolo ospite umano più o meno in grado di difendersi».

È verosimile - si legge ancora nella lettera - che il virus responsabile della disastrosa epidemia in corso in Brasile sia lo stesso che si è diffuso nel nostro Paese. I recenti focolai a Roma, Palmi, Mondragone e in Emilia dimostrano che il virus attualmente circolante è attivo e contagiante; quando incontra contesti in cui possono essere coinvolti anziani o pazienti a rischio, come è accaduto al San Raffaele Pisana di Roma, è in grado di causare casi di estrema gravità come all'inizio dell'epidemia..

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