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Brucia ancora il deposito di rifiuti «che non dovevano esserci»

Una colonna di fumo alta 50 metri, un rogo che durerà giorni e una prima conferma: «Quei rifiuti non dovevano esserci»
L'impressionante rogo del deposito di rifiuti di Milano
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Prosegue incessante l'opera di spegnimento dei Vigili del Fuoco, a Milano, sul sito della Ipb, l'azienda dove ieri sera è divampato un vasto incendio, alimentato da tonnellate di rifiuti stoccati. Ancora poco fa una nuvola di fumo alta 50 metri svettava tra i capannoni dell'area industriale nella periferia nord della città.
«Ci vorrà tempo - ha spiegato un caposquadra dei vigili del fuoco - perché una parte della struttura è crollata e un'altra sta per crollare, e non possiamo addentrarci con le ruspe». «Qui però intanto ci sono donne e bambini, mia nuora è incinta - dice un residente di via Chiasserini, che abita proprio di fronte alla zona dove si trovano le ditte - e siamo tutti preoccupati. Questo posto è a norma? Sapevano cosa stoccava?». Tra le aziende adiacenti, tra l'altro, c'è un deposito di carburanti e lubrificanti che ieri sera aveva destato grande preoccupazione per la vicinanza all'incendio.

I venti spingono i fumi verso nord ovest, ma la zona è densamente abitata in tutte le direzioni, e in via Graf, nel vicino quartiere di Quarto Oggiaro, una scuola media sta valutando se sospendere le lezioni. Per fare il punto sulla salubrità dell'aria, alle 15.30 ci sarà una riunione sul posto di parte di tutti gli enti coinvolti.

«In quel capannone i rifiuti non dovevano esserci». A dirlo il vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, al termine del sopralluogo alla fabbrica Ibp Italia
andata in fiamme ieri sera. Scavuzzo ha riferito che a luglio il capannone era vuoto e che, a fine agosto, l'azienda aveva già ricevuto da parte della competente Città metropolitana un diniego alle autorizzazioni necessarie a lavorare, a causa di irregolarità riscontrate nella fideiussione necessaria per coprire un eventuale danno ambientale.

Come spiegato dalla vice sindaco, il capannone bruciato ieri, dunque, non doveva contenere i 16mila metri cubi di rifiuti finiti in fumo nell'incendio. Scavuzzo ha anche spiegato che lo scorso giovedì vi era stato un altro sopralluogo nel capannone da parte della polizia locale e della Città metropolitana: quest'ultima, avendo rilevato la presenza di rifiuti, sarebbe stata pronta a un nuovo no alla autorizzazione a lavorare per l'azienda. Ieri sera il rogo.

Procedono anche le indagini. La Procura di Milano, oltre che per incendio doloso, sta indagando anche con l'ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti sul caso del maxi rogo che ha riguardato un capannone dell'azienda Ipb in zona Bovisasca, a nord del capoluogo lombardo.  

Il pm di turno Donata Costa si sta occupando della tranche di indagine che riguarda le cause dell'incendio, mentre il pm Sara Arduini segue il filone della gestione illecita dei rifiuti, un fascicolo in cui sono confluite le autorizzazioni a lavorare negate all'azienda Ipb (ci fu una cessione di ramo d'azienda da Ipb srl a Ipb Italia) e gli atti sul sopralluogo, ma senza sequestro, di giovedì scorso nel capannone dove sono stati trovati rifiuti stoccati senza autorizzazione e poi andati in fumo tre giorni dopo.

A un vertice in Procura hanno preso parte anche l'aggiunto Tiziana Siciliano, a capo del pool «ambiente, salute e lavoro», e il pm della Dda Silvia Bonardi - a lungo sostituto procuratore a Brescia - titolare di diversi fascicoli su traffici illeciti di rifiuti. Si stanno verificando eventuali connessioni tra indagini. 

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