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Accordo sulla Libia: cessate il fuoco e embargo sulle armi

Articolate in sette titoli e 55 punti, le conclusioni della Conferenza di Berlino disegnano un nuovo percorso, sotto l'egida dell'Onu
Conferenza di Berlino: trovato l'accordo per accompagnare la Libia fuori dalla crisi - Foto Epa/Omer Messinger
Conferenza di Berlino: trovato l'accordo per accompagnare la Libia fuori dalla crisi - Foto Epa/Omer Messinger
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Consolidare la tregua con un cessate il fuoco stabile e duraturo, monitorato da comitati tecnici e sostenuto dall'embargo sulle armi. Per poi aprire un vero e proprio negoziato politico che porti la Libia a nuove elezioni ed un nuovo governo «unico, unificato, inclusivo ed effettivo».

La conferenza di Berlino non risolve tutti i problemi della Libia ma segna un successo della diplomazia tedesca e internazionale e un primo passo avanti nel cammino verso la pace per il martoriato Paese nordafricano. Nella capitale tedesca i leader dei Paesi europei e di quelli arabi - oltre a Usa, Ue, Unione africana e Onu - hanno approvato un documento che sembra spianare la strada a un cessate il fuoco duraturo, a un embargo sulle armi dirette verso il Paese e alla fine delle ingerenze straniere che hanno trasformato la Libia nel campo di una guerra per procura. Anche se sul futuro del Paese continua a pesare la diffidenza reciproca tra le due fazioni, quella del premier di Tripoli Fayez al-Sarraj e quella del generale di Bengasi Khalifa Haftar.

In quasi sei pagine, articolate in sette titoli e 55 punti, le conclusioni della Conferenza di Berlino disegnano un percorso, sotto l'egida dell'Onu, per accompagnare la Libia fuori dalla crisi, garantendo un «forte impegno per la sovranità, l'indipendenza, l'integrità territoriale e l'unità nazionale».

Un documento corposo che affronta anche i nodi economici e strutturali del Paese, nonché il capitolo diritti umani e quel follow up necessario perché il percorso prosegua. Ecco, in sintesi, i passaggi principali delle conclusioni.

  1. Cessate il fuoco - Tutte le parti devono cessare le ostilità dismettendo le armi pesanti, l'artiglieria, i mezzi aerei e «tutti i movimenti militari o quelli in supporto nell'intero territorio libico». Viene affidato all'Onu il compito di agevolare i negoziati per la tregua, monitorare e verificare la tenuta attraverso l'immediata creazione di «comitati tecnici».
     
  2. Embargo sulle armi - Rispetto assoluto dell'embargo sulle armi previsto dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu. E un appello a tutti gli attori affinché si astengano da «attività che aggravino il conflitto o non siano conformi con l'embargo sulle armi o il cessate il fuoco, incluso il finanziamento di capacità militari o il reclutamento di mercenari». Chiesta l'applicazione delle sanzioni Onu contro coloro che «violino l'embargo sulle armi o il cessate il fuoco».
     
  3. Ritorno al processo politico - È il secondo step da mettere in campo dopo la tregua. Si chiede «la creazione di un Consiglio presidenziale funzionante e di un singolo, unitario, inclusivo ed effettivo Governo nazionale libico approvato dal Parlamento».
     
  4. Riforma del settore della sicurezza - «Ripristinare il monopolio dello Stato sull'uso legittimo della forza» e sostegno «alla creazione di forze nazionali libiche di sicurezza, di polizia e militari sotto il controllo centrale della autorità civile».
     
  5. Riforme economiche e finanziarie - Proposta la creazione di una Commissione di esperti per rilanciare il Paese e ribadire che solo la Noc è la compagnia energetica libica legittimata. Si chiede che tutte le parti continuino «a garantire la sicurezza delle infrastrutture petrolifere, rigettando ogni azione mirata a danneggiarle».
     
  6. Rispetto dei diritti umani - Si «sollecita a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, a proteggere i civili e le infrastrutture civili». Prevedendo anche la graduale chiusura «dei centri di detenzione».
     
  7. Follow up - Si riafferma il ruolo dell'Onu ed un impegno della missione Unsmil nel processo mentre è prevista la creazione di un Comitato internazionale di raccordo per seguire il processo.

 

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