Cultura

«Bossi, il salodiano osannato dalle folle per la magnetica unicità di interprete»

Il 10 novembre Andrea Macinanti presenterà al Salotto della cultura di Salò il suo libro di 500 pagine dedicato a Marco Enrico Bossi
Marco Enrico Bossi, grande compositore e magnifico interprete - © www.giornaledibrescia.it
Marco Enrico Bossi, grande compositore e magnifico interprete - © www.giornaledibrescia.it
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Ne ha inciso l’opera omnia organistica, compulsato l’epistolario, spulciato recensioni, esaminato resoconti, ricostruito viaggi, ambienti, relazioni, scandagliato manoscritti originali (zeppi di annotazioni d’autore, varianti, scelte timbriche, diteggiature e pedaleggiature, metronomi e durate). L’organista bolognese Andrea Macinanti lo conosce e lo ama come un padre, da oltre 30 anni. Difficile non innamorarsene: Marco Enrico Bossi è prodigo e severo, munifico nel porgere e determinato nel procedere. Un pathos disciplinato dall’ethos.

All’auditorium del Salotto della Cultura di Salò (Biblioteca comunale), in via Leonesio, 4, a cura dell’Ateneo di Salò, giovedì 10 novembre, alle 20.30, con ingresso libero, Macinanti presenterà il suo recentissimo volume bossiano, 510 pagine, con approfondimenti analitici di Paolo Geminiani e Luca Salvadori, introduzione di Federico Lorenzani, presidente dell’associazione «G. Serassi». «Il libro presenta per la prima volta l’intero catalogo organistico (anche concertante) di Bossi - spiega Macinanti -, oltre a cronache, articoli d’epoca, prassi esecutive, articolazioni, fraseggi, legature, registri, note d’organaria. Con l’aiuto di Nicola Cittadin abbiamo altresì considerato il Bossi esecutore, tramite le sue incisioni tedesche d’inizio ’900. Ne esce un ritratto iridescente, inedito». Lo abbiamo intervistato.

Quali le maggiori novità emerse?

Sorprende il fanatismo, quasi delirio, delle folle che accorrono ad ascoltarlo. Negli Usa gli tributano i medesimi onori riservati a Caruso e a Puccini. Nell’estremo viaggio del 1925 ha in tasca un ricchissimo contratto per una nuova tournée statunitense. Nelle foto dei récital di Filadelfia, insieme agli organisti Nadia Boulanger, Charles Courboin, Marcel Duprè, è lui che siede sulla panca dello strumento, gli altri stanno in parte. Gli organizzano uno spettacolare «Farewell Concert» (Concerto d’addio). Le sue esibizioni nei paesi scandinavi sono circondate da un arcano, diverso, potentissimo alone mistico. Non è un’enfasi di parte: tutti i racconti testimoniano una magnetica unicità d’interprete.

Che tipo d’uomo emerge?

In lui convivono l’artista determinato, inflessibile, monolitico e l’accorto stratega. Una macchina da guerra. Giovane intraprendente, spedisce subito le sue composizioni ai maggiori compositori coevi (Franck, Massenet, Saint-Saëns, perfino al feroce Verdi). Ottiene l’amicizia di personaggi celebri (Boito, Fogazzaro, Pascoli) e influenti. Insegnante privato della Regina Margherita. Commendatore della Corona d’Italia. Riformatore dei programmi dei Conservatori italiani. Lo chiamano da tutto il mondo a progettare e collaudare nuovi organi. I colleghi lo introducono presso i maggiori editori internazionali (J. Rieter-Biedermann/Fischer, Breitkopf und Härtel, Schott). Un altro suo volto appare duro, sofferente, esoso. La prima domanda che rivolge agli interlocutori è di natura economica, probabile conseguenza di un’infanzia durissima, segnata da grave povertà. Con il padre e il fratello Adolfo percorre lunghi chilometri a piedi per suonare il violino e far ballare gli ospiti degli alberghi di lusso della Valtellina.

Che altro ci può dire?

Da ragazzo studia a Bologna con il fratello Adolfo, mantenuto da un lontano parente Tenente dei Carabinieri; quando la famiglia si trasferisce a Milano, sopravvive facendo musica in un teatro di burattini, e grazie ai risparmi che il padre spedisce da Morbegno dove lavora all’ufficio postale e come organista sull’organo del paese. Generoso verso gli allievi: si adopera per i più dotati e bisognosi facendo loro ottenere borse di studio e sostegni vari. L’ultima faccia è quella intima. Nonno affettuoso, burlone, dolce, che ama scherzi e travestimenti, arguto autore di poesie comiche in dialetto lombardo, giocoso, forse memore dei primissimi suoni uditi nel Duomo di Salò, infante accanto a papà. All’appello manca ancora il cospicuo fondo donato dalla famiglia Bossi a Como e lì conservato. Mi attendo sorprese.

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