Cultura

Alexander Gadjiev, fuoco e amore per convincere con Chopin

Il pianista goriziano, chiamato al Teatro Grande di Brescia per «Novecento suite», torna anche all’autore preferito
  • Il pianista goriziano Alexander Gadjiev al Teatro Grande
    Il pianista goriziano Alexander Gadjiev al Teatro Grande
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Con il passo sicuro di chi ormai sta calcando i più importanti palcoscenici, ieri sera, al Teatro Grande, invitato dal 59° Festival Internazionale, il pianista goriziano Alexander Gadjiev ha estratto dal suo già vasto repertorio un programma adatto a «Novecento suite»: Debussy (due Etudes) e Scriabin (5 Preludi op. 46, Studio n. 5 op. 42, Vers la flamme). Si è poi consacrato a Chopin, di cui ha eseguito la Polacca op. 44 ed il Preludio in do diesis minore op. 45, per approdare alla Sonata op. 35. Un bel programma, anche se un po’ corto.

Gadjiev era già venuto a Brescia per la Gia, e nel 2016 aveva già suonato l’op. 35 di Chopin, ma ora (con la vittoria del II Premio Varsavia 2021 e il Premio speciale «Krystian Zimmermann») è cresciuto, maturato. La tecnica è rimasta ottima, da virtuoso, ma lui si è approfondito ancora.

Cerca di arrivare all’essenza della musica, attraverso i suoni, sempre diversi e ricercati sì, ma anche attraverso la cultura generale... Ad esempio, il suo Chopin è appassionato, spesso drammatico; non è sentimentale, però, bensì intimo, spesso astratto ed assorto; il suo Chopin è polacco, slavo, ma anche molto francese, ed è portatore (e nobile rappresentante) di mondi diversi che hanno come base comune la polifonia (bachiana).

L’impressionismo musicale deve molto proprio a Chopin, ma nel caso degli Studi di Debussy (scevri da ogni finalità didattica) non si può più citare né l’impressionismo né il simbolismo. Il pianista, dopo i due Studi di Debussy, si è rivolto direttamente al pubblico, ed ha spiegato anche la sua estetica. Gli Studi (scritti quando Debussy stava ormai malissimo, nel 1915) sono dedicati «à la mémoire de Fréderic Chopin», debbono molto anche a Stravinskij e alla sua asciuttezza.

E Gadjiev, sull’opera di Scriabin, ha fatto proprio un excursus, partendo dai famosi e giovanili 5 «Preludi» op. 46, del 1894/95 in pieno periodo tardo-romantico, tardo-chopiniano, passando poi all’op. 45 n. 5 in do diesis minore (Studio famoso e travolgente) fino al poema «Vers la flamme», op. 72 (del 1914), sintesi della visionarietà e dei vari interessi di Scriabin. Debussy l’ultimo, Scriabin l’ultimo... Ma non l’ultimo Chopin, che invece è modernissimo, senza tempo, sempre da scoprire. Gadjiev si è dedicato a Chopin con fuoco ed amore, a Scriabin con passione e fervore, a Debussy con classe.

L’abbiamo apprezzato soprattutto nella seconda parte. Debussy ci è parso un poco artefatto, richiede maggior slancio e spontaneità; di Scriabin il «pezzo forte», alla Rachmaninov e alla Liszt, ci è sembrato il bello Studio. Ma il Preludio in do diesis minore e la Sonata op. 35 di Chopin, musica meravigliosa, scritta... domani, Gadijev li ha interpretati con rara freschezza e senso narrativo. Tre bis. Lunghi applausi da un pubblico non folto e tre bis; due di Chopin e un brevissimo «Feuille d’album» di Scriabin.

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