Santo Stefano, l'ex monastero può costare a Collebeato un milione

In appello sono state ribaltate le sentenze: alla Grog andrebbe versata la somma di 929mila euro
L’ex monastero di Santo Stefano di Collebeato - © www.giornaledibrescia.it
L’ex monastero di Santo Stefano di Collebeato - © www.giornaledibrescia.it
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Quella tra la Grog e il Comune di Collebeato sull’ex monastero di Santo Stefano è una battaglia legale che si trascina ormai da oltre dieci anni. Ora potrebbe avere un esito infausto per l’ente locale, che rischia di dover sborsare quasi un milione di euro.

In appello il giudice civile ha in parte ribaltato la sentenza di primo grado (in sede amministrativa il Comune aveva avuto piena ragione in entrambi i gradi): l’organo giurisdizionale ha confermato che Santo Stefano rimane di proprietà dell’ente, così come previsto dalla clausola della prelazione artistica sui beni di proprietà privata. Quest’ultima prevede che nella compravendita di beni di rilevanza artistica, monumentale e ambientale si avvantaggino lo Stato o gli enti territoriali, concedendo il diritto di acquistare al medesimo prezzo concordato tra i privati.

Prezzo che, però, stando a quanto stabilito dalla Corte d’appello, non è adeguato e comporta un «ingiustificato arricchimento» da parte del Comune, dal momento che l’ex proprietario aveva realizzato a sue spese lavori sull’area. La vicenda. Nel 1999 la Grog aveva acquistato Santo Stefano da una famiglia bresciana per 200 milioni di lire (la medesima area nel 1987 aveva un valore stimato di vendita di 1 milione). Nel 2015 il Comune era riuscito a entrare in possesso dell’ex monastero pagandolo, come previsto dalla prelazione, la stessa cifra pattuita tra i privati che, calcolata secondo la valuta corrente, ammontava a 103 mila euro.

Sulla questione economica il giudice civile ha invece dato ragione al privato, sancendo l’obbligo in capo all’ente di versare alla Grog un indennizzo. In cifre si parla di 929mila euro complessivi: 763mila in quota capitale a cui si aggiungono 166mila di interessi.

Il ricorso

Il Comune ha quindi presentato un ricorso in Cassazione e istanza di sospensione di pagamento in attesa del giudizio conclusivo. La richiesta è stata però rigettata nel gennaio del 2022, tant’è che l’Amministrazione ha provveduto ad accendere un mutuo al fine di coprire la quota capitale. Per i 166mila euro di interessi, invece, utilizzerà parte dell’avanzo di amministrazione.

«Ora attendiamo il giudizio della Cassazione - spiega il sindaco Angelo Mazzolini -. Nel frattempo abbiamo avviato un dialogo con la controparte per siglare un accordo che ci consenta di diluire il pagamento su tre anni». Secondo la minoranza «l’unica scelta logica sarebbe di vendere l’area tramite bando per recuperare quanto si sta spendendo - commenta il capogruppo Marco Daminelli -, dal momento che il Comune non può farcela da solo».

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