Ritorno in città: Brescia sfonda quota 200 mila abitanti

In cinque anni conquistati oltre 5 mila nuovi residenti Del Bono: «Il capoluogo torna a essere centripeto»
BRESCIA SUPERA QUOTA 200MILA ABITANTI
AA

Sta crescendo, sta «ringiovanendo», si sta rigenerando. E ora, quella «fuga dalla città» che ha caratterizzato il trend demografico dal 2004 in avanti non solo è finita, ma si è convertita in un gran ritorno. Ora il capoluogo ha sfondato il muro dei 200 mila abitanti, una soglia psicologica ma anche simbolica: con i suoi oltre 5mila residenti in più, Brescia ha infatti raggiunto il traguardo di 200.423 residenti.

Tradotto in pratica, è come se la città avesse inglobato tutti gli abitanti di Manerba del Garda o di Montirone. Lo studio che racconta come si sta trasformando Brescia, non a caso intitolato «Ritorno in città», è stato realizzato dall’ufficio comunale di Statistica della Loggia e mette in relazione l’andamento demografico dal 2013 al 2018.

Un dossier - disponibile sul sito internet istituzionale - nel quale si può rileggere il dna di un capoluogo che torna a rialzare la testa, che piace sempre di più per la sua offerta (di servizi, culturale, infrastrutturale), che si sta stabilizzando e sta trovando una propria centratura anche sul fronte dell’integrazione degli stranieri.

Il dato che più entusiasma svela una Brescia che torna a crescere con un rinnovato ritmo... giovane. La carta d’identità demografica del capoluogo racconta di una città che in cinque anni (dal 2013 al 2018) è stata in grado non solo di vincere il braccio di ferro con gli «agguerriti» territori provinciali (sempre più competitivi sul fronte dei servizi e dell’offerta edilizia), ma anche di riconquistare un’attrattività inedita. E a subirne lo charme è soprattutto la fascia d’età dai 28 ai 38 anni, che elegge - a suon di traslochi - la Leonessa come «regina» indiscussa per lavorare, vivere, crescere, creare una famiglia.

Se cioè è vero che un quarto dei bresciani stabilmente residenti è anziano (e che questo condiziona, nel medio periodo, l’architettura demografica complessiva), è altrettanto vero che negli ultimi cinque anni si sono trasferiti in città soprattutto giovani single e coppie con figli piccoli. Tanto che il dato che attesta le nascite (in vertiginoso calo in tutto il Paese), a Brescia tiene: sono 1.450 e l’obiettivo - chiarisce Marco Trentini, responsabile del Settore informatica, innovazione e statistica - «è proprio mantenere questo andamento e, quindi, non scendere da questa soglia».

Uno studio, quello elaborato dal Comune, che rappresenta una vera e propria bussola anche per l’Amministrazione: in primis per studiare la composizione della città, ma soprattutto per strutturare al meglio le politiche dei servizi. «La demografia attiva - sottolinea il sindaco Emilio Del Bono - è fondamentale per la tenuta e per la sostenibilità della qualità dei servizi in città, come ad esempio le entrate tributarie. Il quadro che emerge dallo studio è quello di una Brescia più dinamica, meno impaurita e più eterogenea sotto il profilo dell’età anagrafica. Il ritorno delle famiglie e della fascia dei trentenni è un risultato importante, perché si tratta proprio di un pubblico che, attraverso le politiche attuate, abbiamo cercato e che auspicavamo tornasse in città».

Il numero uno di Palazzo Loggia, squaderna i dati e delinea da questa lettura anche un termometro politico-amministrativo: «Siamo tornati a essere attrattivi per qualità della vita e dei servizi: istruzione, sociale, opportunità e offerta culturale hanno contato. Brescia è tornata ad essere centripeta, rafforzandosi come capoluogo». E conclamando, nei fati, che nessun Comune può sostituirsi ad esso.

Gli altri due grandi capitoli-chiave dell’indagine sono gli stranieri e la fetta di ex residenti che - in controtendenza e facendo comunque registrare nel complesso quella crescita di oltre 5mila abitanti - hanno scelto di uscire dalla città. Per quanto riguarda gli stranieri, si assiste a un sostanziale consolidamento. L’incidenza sul totale della popolazione è lievemente aumentato nel quinquennio, passando dal 18,5% del 2013 all’attuale 19,2%. «Questo - evidenzia Del Bono - significa che è terminato il picco degli arrivi». Anche perché si tratta di stranieri sempre più stanziali e, quindi, integrati nella vita del capoluogo. «In passato - conferma Marco Palamenghi del settore Statistica - di stranieri sopra i 50 anni non se ne trovavano».

Guardando poi al profilo dei nuovi residenti, emerge che nella fascia compresa tra i 25 e i 44 anni «si rintraccia un equilibrio sostanziale di presenze tra italiani e stranieri, dato in equilibrio anche con il numero delle famiglie». Infine, il tema di chi esce dai confini cittadini, «fenomeno che va comunque analizzato per comprenderne appieno le ragioni». Ma che, nella maggior parte dei casi (a muoversi sono più che altro single, anziani e adulti maschi), è da ascrivere al nodo lavoro.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia