«Mio padre non può essersi suicidato. Aspetto la verità»

Parla il figlio di Abdul Ndiaye, il 50enne disabile, finito con la carrozzina in una roggia a Mompiano
L'AUTOPSIA PER CHIARIRE
AA

Chi è costretto a vivere su una carrozzina ora ha un timore. «Non è che adesso ci togliete la libertà di uscire?». È la domanda che alcuni ospiti della Nikolajewka hanno posto ai responsabili della struttura bresciana sotto choc dopo la morte di Abdul Ndiaye. «Nessuna limitazione. Da sabato c’è tanto dolore, ma nulla nella gestione dei nostri ospiti è cambiato» assicurano il direttore generale della cooperativa di Mompiano Giuliano Sormani e Massimiliano Malè, direttore dei servizi. 

L’inchiesta del sostituto procuratore Lorena Ghibaudo potrà chiarire attraverso l’autopsia la causa esatta della morte, ma resta un mistero sul perché il 50enne di origini senegalesi, italiano dal 2015, invalido dopo un incidente sul lavoro nel 1998 quando perse l’uso delle gambe, abbia deciso sabato pomeriggio di tentare di attraversare con la carrozzina elettrica la roggia che scorre a poca distanza dall’ingresso del centro disabili. Il gradino in cemento di quello che è a tutti gli effetti un ponticello tra la strada e un campo di grano, appare un ostacolo troppo alto da superare. «Rispettiamo il lavoro della magistratura, ma nessuno dica che si è suicidato. Impossibile» sentenziano il fratello Ousseyn e il figlio della vittima Mor Talla arrivati a Brescia nelle scorse ore dalla Francia...

Leggi l'articolo completo sul Giornale di Brescia in edicola oggi, martedì 20 luglio, scaricabile anche in formato digitale.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia