Ladri al cimitero, la signora gentile reagisce con una poesia

L’ha scritta e l’ha appesa in più copie al camposanto di Gussago per chi «disonora la memoria»
Il cimitero di Gussago, dove sono stati registrati i furti - © www.giornaledibrescia.it
Il cimitero di Gussago, dove sono stati registrati i furti - © www.giornaledibrescia.it
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Una poesia è stata appesa, in più copie, ai muri del cimitero di Gussago per ammansire lo spirito feroce dei ladri. C’è chi - a una violenza - reagisce con violenza, chi con rabbia, chi con dolore. E chi, razionalizzando, cerca di trovare nell’anima dei ladri - che rubano fiori, vasi e tutto il vendibile, dalle campate e dalle tombe del cimitero - un varco affinché il dardo del sentimento possa colpirli in un lembo dell’anima che, da qualche parte, deve pur esserci.

Così la pensa una gentile signora gussaghese che, dopo aver tristemente constatato che i piccoli-grandi segni di legame con i defunti vengono letteralmente fatti sparire dal cimitero, ha reagito in modo foscoliano. Siano inviolabili i diritti degli dei Mani, scriveva Foscolo all’inizio dei Sepolcri, citando una frase di Cicerone.

Il senso dell’appello della signora è un po’ quello. Ecco il suo componimento: «Tutto tace, tutto è bello, par non capiti mai niente. Ma a turbar cotanta pace corre voce d’un mistero: un volatile (rapace?) or s’aggira al cimitero! Sarà un falco, una civetta o vivace capinera? Una rondine soletta che vuol fare primavera? Nossignori! È quell’uccello con il vizio di rubare. Gazza ladra, si capisce... ma di quelle un po’ speciali, non ha piume nere e lisce, non ha becco, non ha ali. Ha due mani, con le quali ruba i fiori ai cari estinti, siano freschi o artificiali, siano bianchi o variopinti».

«Disonora con viltà la memoria dei defunti - prosegue la poesia -, è un’offesa alla pietà dei superstiti congiunti. Non lo sai, o dispettosa, che t’ostini a malvolere, che tu pure alla "Certosa" un bel di dovrai giacere? Ti ravvedi! E più leggiadra torna ancor tra i muti avelli. Non più gazza, non più ladra, ma conforto ai tuoi fratelli. Quel che piangono dolenti i loro cari trapassati, quei che attendono pazienti la chiamata tra i beati. Già la vita è una sventura, la fortuna spesso tace. Sia almen che in sepoltura possano stare in santa pace». Una delicata preghiera, in risposta alle spregevoli ruberie; e la speranza che - prima o poi - i ladri possano pentirsi e rimediare agli errori.

 

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