La solidarietà abita nella via che non c'è

Un nuovo spunto su cui riflettere offerto da Augusta Amolini sul tema delle nuove povertà
L’artista cinese Liu Bolin che, dipingendo il suo corpo, si trasforma in un affresco vivente, mimetizzandosi fino a scomparire sullo sfondo delle sue opere - Foto  © www.giornaledibrescia.it
L’artista cinese Liu Bolin che, dipingendo il suo corpo, si trasforma in un affresco vivente, mimetizzandosi fino a scomparire sullo sfondo delle sue opere - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Le nuove povertà e i tragitti umani verso condizioni di vita migliore hanno prodotto per molti il bisogno primario di trovare una casa o un riparo. Ad esso si associa la necessità di ottenere una residenza anagrafica che consenta il rilascio di documenti identificativi, senza i quali le persone sono entità invisibili, perse nella società del nulla. Per questa ragione, sono state create in oltre 200 città italiane delle vie fittizie. Si tratta di indirizzi di fantasia caratterizzati da numerazione unicamente dispari che attestano il domicilio degli «homeless», persone senzatetto o senza fissa dimora.

Anche a Brescia «l’isola che non c’è» esiste. È collocata al numero 3 di «Via Sante Marie del mare», un indirizzo noto agli Operatori Sociali e alle Forze dell’Ordine, utilizzato da uomini e donne non esclusivamente stranieri. Sembra sia stata individuata con questa finalità nel 1985, dopo la richiesta avanzata al Comune di inserire nella toponomastica cittadina una via per ricordare la comunità Gitana.

La strada si trova sotto il Cavalcavia Kennedy, dove un tempo i nomadi sostavano con le loro roulotte. Il nome riconduce a Saintes Maries de la Mer, la cittadina francese nella Camargue dove ogni anno i Gitani, provenienti da tutta Europa, si ritrovano per celebrare Sarah la Kali (la Nera), la loro patrona venerata come una Santa. Sostenuta dall’associazione «Avvocati di strada», l’idea di creare una «Via dell’accoglienza» dove di fatto non ci vive nessuno, ha una forte valenza da un punto di vista etico e di civiltà. Infatti, l’Anagrafe, istituendo una via fittizia territorialmente ma equivalente da un punto di vista giuridico, permette agli emarginati di eleggere un domicilio che consente l’accesso ai servizi sociali e sanitari del territorio. Una «via della Luna» che li rende reperibili per il recapito dei documenti e consente di essere riconosciuti nello status di cittadini, come persone in «sangue e carne».

Le «vie della Solidarietà» sono invisibili, come l’artista cinese Liu Bolin che dipingendo il suo corpo si trasforma in un affresco vivente, mimetizzandosi fino a scomparire sullo sfondo delle sue opere. Irriconoscibile a uno sguardo distratto, egli è lì dove solo l’attento osservatore ne individua la sagoma. Allo stesso modo le persone invisibili, nascoste dai colori scuri della società indifferente, aspettano uno sguardo pietoso che le riconosca e le renda visibili al mondo.

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