Inceneritore: è ancora scontro sulle emissioni

Per A2A è un pilastro della economia circolare, ma per gli ambientalisti è una fonte di inquinamento pericolosa
Il termoutilizzatore di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il termoutilizzatore di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Poteva essere un momento di dialogo sul futuro energetico ed ambientale della città, partendo dal Termoutilizzatore.

Si è trasformato in uno scontro tra posizioni arroccate sulle rispettive «verità», ciascuna sorretta da «dati oggettivi»: da un lato A2A per la quale gli inceneritori hanno livelli di inquinamento bassissimi e sono un pilastro dell’economia circolare, come dimostrano le esperienze virtuose nel nord Europa; dall’altro le realtà ambientaliste per le quali gli inceneritori rappresentano «il fallimento» dell’economia circolare, producono inquinamento che è «causa» di alcune forme tumorali.

Un dialogo mancato «mediato» dall’assessore all’Ambiente Gianluigi Fondra che ha ricordato lo studio sul fabbisogno energetico della città (sarà pronto a metà dicembre), che potrebbe portare a una riduzione dei rifiuti conferiti all’impianto.

Scenari evocati nel convegno «Il termoutilizzatore di Brescia: dati e domande a confronto», organizzato sabato dall’associazione 5R Zero Sprechi e moderato dal giornalista Pietro Gorlani. Lorenzo Zaniboni, responsabile degli impianti di A2A, è partito ricordando il ruolo del TU, ultima tappa dei rifiuti che «non possono» essere recuperati: «Non si può parlare dell’impianto senza parlare di teleriscaldamento». L’inceneritore scalda il 70% delle case e garantisce il 40% del fabbisogno energetico di Brescia. Senza, oggi come oggi «bisognerebbe usare fonti fossili», con più emissioni e un saldo ambientale negativo. Negli ultimi 10 anni A2A ha investito 250 milioni, abbattendo le emissioni (-80% le polveri) i cui livelli sono ben al di sotto dei limiti.

Il chimico Gianluca Cuc, dell’associazione 5R, ha però ricordato che rispetto al nord Europa, il Tu di Brescia si inserisce un contesto problematico, come quello della pianura padana, «un imbuto» con poco vento. Inoltre nelle rilevazioni bisognerebbe considerare anche le «polveri secondarie», che rappresentano l’80% del totale, generate da precursori come gli SOx. La bocciatura più netta è però arrivata da Celestino Panizza, dell’associazione Medici per l’Ambiente. L’istituto superiore di sanità non ha rilevato correlazioni tra tumori e inceneritori, ma Panizza ha citato numerosi studi che dicono il contrario: «La maggior parte delle particelle prodotte è sotto gli 0,1 micron, particelle sottilissime, difficili da intercettare ma pericolosissime per polmoni e sistema nervoso. Gli inceneritori producono 250 inquinanti, 20 certamente cancerogeni: c’è una correlazione certa tra questi impianti, i sarcomi e i linfomi non hodgkin».

Fondra ha riportato il dibattito sul binario politico: l’osservatorio sul Tu ha promosso uno studio per capire qual è il fabbisogno energetico della città. «Stiamo lavorando su fonti alternative, sull’efficienamento energetico, sull’autoproduzione. Lo studio ci darà una base scientifica su cui lavorare. Sapendo che il nostro problema non sono i rifiuti urbani, ormai quota minore di quanto brucia il Tu, ma quelli speciali prodotti dalle attività produttive. L’alternativa non può essere spedirli negli inceneritori del nord Europa...».

 

 

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