In largo Formentone un tempio laico di multiculturalità

La proposta arriva dagli architetti Cuttini e Vitali, che hanno disegnato una struttura che potrebbe sorgere dietro piazza Loggia
Largo Formentone a Brescia, vicino a piazza Loggia - © www.giornaledibrescia.it
Largo Formentone a Brescia, vicino a piazza Loggia - © www.giornaledibrescia.it
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Più che Capitale della cultura: Brescia merita di essere Capitale della multiculturalità. E per celebrarla, un «tempio laico» dalle forme evocative da erigere in largo Formentone, luogo simbolo dell’incontro tra la città popolare e multietnica del Carmine, e il cuore civico di piazza Loggia.

A disegnare l’edificio - rilanciando il dibattito sull’identità di quello spazio urbano tuttora irrisolto dopo concorsi d’idee e progetti cancellati - sono ora gli architetti Massimo Cuttini e Valerio Vitali, che illustrano la proposta nella mostra allestita allo Spazio Aref di piazza Loggia, e nel catalogo che sarà presentato venerdì 22 aprile.

Lo spunto - spiegano i progettisti - è giunto quasi casualmente osservando una mappa aerea di Pistoia, dove in uno spazio simile al nostro largo Formentone, di fronte alla cattedrale, è incastonato il battistero ottagonale. Battistero che a Brescia non c’è (c’era, stando alle indagini archeologiche, in piazza Paolo VI) e che potrebbe rinascere in chiave laica. Cuttini e Vitali si sono messi quindi al lavoro sul tema dell’ottagono, forma simbolica di perfezione, richiamata dalla pianta centrale della nostra Rotonda e da architetture note ai bresciani come Santa Maria in Solario e l’abside di San Francesco, ma in grado di echeggiare modelli orientali, dalle torri siriane alle piscine per abluzioni delle moschee islamiche, e pure gli edifici a pianta centrale delle «città ideali» del Rinascimento. Un ponte, insomma, tra epoche e culture.

Come nel Rinascimento. L’edificio in largo Formentone come «La città ideale» di Urbino del 1480
Come nel Rinascimento. L’edificio in largo Formentone come «La città ideale» di Urbino del 1480

Dalle suggestioni al progetto, l’edificio è immaginato come uno spazio scenico dalle molteplici funzioni. All’esterno connotato dai muri serrati (la misura modulare è data dall’intercolumnio della Loggia) con piccole aperture e un basamento rivestito in pietra (l’idea: utilizzare le lastre di marmo recuperate da piazza Vittoria e ora nei depositi comunali), corrisponde all’interno uno spazio a tutta altezza (una ventina di metri). Nel piano interrato una sala studio da 90 posti, con un tunnel d’accesso al cunicolo del fiume Bova (il richiamo al fonte battesimale, in questo caso per un «battesimo civico»), al piano terreno una sorta di anfiteatro da 50 posti per incontri e assemblee, i tre piani superiori immaginati come logge affacciate all’interno (con la possibilità di utilizzare le pareti per esposizioni), e all’esterno attraverso le finestrelle.

La forma evocativa di edifici sacri di differenti religioni ha portato i progettisti ad immaginare l’edificio come un «tempio per la Terra», identificata come madre-natura comune a tutte le culture. In uno dei dipinti di Cuttini che in mostra elaborano il progetto, un enorme globo terraqueo pende dalla cupola e riempie lo spazio architettonico. Una suggestione in più.

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