Civile, nuova convenzione tra universitari ed ospedalieri

Dopo decenni, il trattato di pace Ateneo-Asst punta a superare conflitti di ruoli e competenze
L'ingresso principale del Civile di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Stare insieme conviene ad entrambi. «Perché sia così, è necessaria una onestà reciproca per stabilire esattamente ruoli e funzioni dell’una e dell’altro». Una sottolineatura che trova concordi sia Marco Trivelli, direttore generale dell’Asst Spedali Civili, sia Maurizio Tira, rettore dell’Università degli Studi. Ed è la base sulla quale fonda il lavoro di stesura della nuova convenzione tra Ateneo e Ospedale «per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca». Testo che punta ad essere riferimento a livello regionale e nazionale.

Un «rapporto di arricchimento reciproco» che, in passato, ha fatto registrare più di una frizione, inevitabile per chi, negli anni, lo ha subito come «forzato». «Ora il clima è cambiato» spiega il rettore. Trivelli acconsente, nel ricordare, tuttavia, «la complessità di un quadro normativo» che si è fortemente evoluto dalla prima firma di collaborazione avvenuta poco dopo la nascita ufficiale nel 1982 dell’Università di Brescia. Ma gli incontri di questi mesi, con l’obiettivo di chiudere la partita prima dell’estate, segnano un cambio di passo.

Gli attori, del resto, sono convinti che «si debba superare la mentalità del noi e del voi, perché la dicotomia tra ospedalieri ed universitari fa ormai parte del passato. Siamo insieme e, insieme, decideremo quali sono le figure professionali migliori a garanzia di una qualità che è alta e che puntiamo ad aumentare ulteriormente».

Chiacchiere? In realtà, il passo è cambiato al punto che, al di là del documento formale della convenzione, si registra tra le parti la sostanziale volontà di una concertazione sia nella stesura del Piano strategico triennale del Civile sia di quello degli investimenti in tecnologia, avvalendosi, in questo, anche della macroarea ingegneristica. Non è poco, per chi è reduce da un’eredità di chiusure reciproche che non ha giovato all’organizzazione di una macchina complessa qual è quella di un grande ospedale pubblico.

«Il Civile è sede prevalente di polo universitario, anche se l’Università non è tenuta ad avere un rapporto esclusivo con noi - spiega Trivelli -. Tuttavia, noi siamo la sede principale per la formazione di studenti e medici e, dunque, perché non cooperare con un approccio congiunto sia alla formazione sia alla cura dei malati? Sia chiaro: al Civile spetta la responsabilità ultima della cura e all’Università quella della formazione, ma è evidente che vi è una stretta interdipendenza perché senza il migliaio di medici ospedalieri sarebbe impossibile garantire la gestione degli specializzandi. Il corpo universitario in senso stretto, visti anche i numeri, non sarebbe sufficiente per formare.

La convenienza reciproca sta proprio in questo: le funzioni sono differenti, ma lo scopo è unico perché la qualità della formazione di un medico ricade inevitabilmente, sia in positivo sia in negativo, sull’intero ospedale, senza distinzioni tra loro e noi». Conclude Trivelli: «Per questo, dobbiamo garantire un percorso professionalizzante di graduale autonomia del medico in formazione, così come prevede la normativa regionale. In caso contrario, l’Ateneo è libero di rivolgersi anche altrove. Il tema nuovo della programmazione concertata ci permetterà di valutare cosa effettivamente serve al nostro ospedale per dare il meglio a chi ad esso si rivolge».

 

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