Tar di Brescia, magistrati del CdS contro il presidente

L'Associazione dei magistrati del Consiglio di Stato giudica gravi e sbagliate le affermazioni del presidente Roberto Politi
La sede del Tar di Brescia -  Foto © www.giornaledibrescia.it
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La tutela dei diritti dell'uomo fondamentali, è «parte integrante della Costituzione repubblicana» ed è inserita in quel settore della Carta «che dovrebbe essere al riparo da qualunque contesa politica. La tutela dei diritti dell'uomo, a prescindere dalla sua provenienza geografica, è poi riconosciuta, da tempo, da una serie di Trattati e di atti internazionali ai quali l'Italia ha liberamente aderito» e dunque «non è, né potrà essere mai una "litania"». 

Lo sottolinea l'Associazione dei magistrati del Consiglio di Stato, censurando in una nota le affermazioni del presidente del Tar di Brescia, Roberto Politi, che in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ha definito questa tutela una «penosa litania». Un'affermazione «inopportuna», «grave e giuridicamente sbagliata», affermano le toghe di Palazzo Spada, che ricordano come «ogni giudice sia soggetto alla legge e debba, quindi, non solo prestare obbedienza alle leggi della Repubblica, incominciando da quelle fondamentali, assicurandone il rispetto quando ne sia chiesto da cittadini o stranieri, ma anche essere e apparire scevro da pregiudizi che possano in qualche modo incrinare o appannare la sua immagine di terzietà». 

Durante il suo discorso, Politi si era espresso così: «Fuori da un coro sempre pronto ad affratellare le voci più disparate, che vengono ad omogeneizzarsi nel mantra della penosa litania dei diritti fondamentali, credo sia giunta la stagione in cui la fin troppo frequente evocazione di irrinunciabili e non negoziabili posizioni giuridiche alle quali l'ordinamento deve prestare tutela possa finalmente essere declinata anche in favore dei cittadini italiani, nati in Italia da cittadini a loro volta italiani».

Parole stigmatizzate dai magistrati del Consiglio di Stato: «Questa obbedienza - sottolinea la nota - deve trovare riscontro prima di tutto nelle sentenze, ma anche nei discorsi e negli interventi pubblici, in particolare se svolti nell'ambito di occasioni così importanti e seguite quali le inaugurazioni dell'anno giudiziario. In tali occasioni il magistrato non dovrebbe mai indugiare in atteggiamenti che, debordando dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali, possano generare allarme sociale, o comunque abbandonarsi a dichiarazioni equivoche o fuorvianti». 

 

 

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