Addio al Corso: la Tarantola pronta a rinascere

I libri dormono, camminano, traslocano. I libri vivono dove possono. Adesso, i libri della storica libreria Tarantola escono, piano piano, da corso Zanardelli e salgono in via Porcellaga, contratto di permanenza al numero 4, al posto de La Cesteria del Mare.
«Loro svuotano - dice Marco Serra Tarantola - noi traslochiamo, 120 anni di storia. Molte cose verranno lasciate, noi venderemo libri, mobili e oggetti di molti generi. Il mio sogno è di avere la possibilità di ricevere le cose dei privati e di venderle con il sistema dell’asta come accadeva negli anni Trenta. È un sogno nel cassetto».
Del resto, il solo modo per mettere carne ai sogni, per inverarli è di toglierli, per primo, dal cassetto e quindi tentare, rischiare. Di questi tempi, lanciarsi in una discesa con i freni possibili. O la va o la spacca. È sempre stata così, più o meno così . «Al posto della nostra libreria - racconta Marco Tarantola - arriverà Intimissimi».
Il sogno, però, si allarga in via Porcellaga allo spazio per le presentazioni, ai giovani con il pianoforte e la chitarra classica. «Chiederemo una licenza per il caffè, caffè letterario. La casa editrice continua con un evento: stiamo per pubblicare lo straordinario inedito tra D’Annunzio e sua moglie Maria. Pubblicheremo 120 delle 700 lettere scritte dal Vate alla consorte. Appartengono a un collezionista bresciano. Top secret. Siamo alla conclusione di un gran libro su la Chiesa della Carità. Andiamo avanti».
A primi di settembre, Tarantola continua in via Porcellaga.
Noi intendevamo soffermarci sulla storia di uno spazio all’angolo di via Martiri con via Zanardelli, una trilogia del Corso, con un trio di gioia, Vigasio-Caprettini- Tarantola e al centro il Teatro Grande a comporre il baricentro a cui tendere e da cui sortire. Alla fine, pieno di umanità notturna.
Vorremmo spiegare alle nuove generazioni di una libreria in cui visse la Brescia dei poeti, dei politici, dei borghesi e dei nobili, la Brescia del Novecento in cui si discusse, si inneggiò alla città e si timbrò una sorte culturale eccellente, per il dentro e per il fuori Brescia. Montanelli scriveva i suoi fondi e indicava la libreria Tarantola di Brescia, un sito di amicizia intellettuale e un ambiente dove riposare i nervi stanchi. Una libreria avanzata dalla stessa sua terra, lui di Fucecchio e i Tarantola di Pontremoli, sette fratelli 54 librerie in Italia.
«Mio padre Alfredo - ci ha ricordato la signora Silvana Tarantola, maestra severa della libreria e orgogliosamente legata alla storia degli avi -, era venuto da Pontremoli con tanta fatica e scuole scarse. Aveva aiutato il padre e il nonno a portare in giro armenti. A Brescia ci capitò di abitare di fronte al senatore Ugo da Como. Prese in simpatia mio padre e gli fece lezioni di latino». Alla fine della cura Da Como, Alfredo Tarantola conosceva Cicerone e Tacito, Virgilio e Seneca come parenti stretti.
Da tempo, intorno al libro, si cantano danze di morte. Alla maniera di Farenheit 451, film notissimo, (1966), in cui si invitava al rogo del testo stampato, si è venuti avanti con l’ossessione di una fine della carta stampata, di cui il libro rimane re assoluto. Una fine, si è dichiarato e si continua a dichiarare, causata dalle nuove tecnologie, dalla crisi, dalla piega brutta della non lettura, dall’istruzione e dalla cultura dello schermo.
Silvana Tarantola ci ha spiegato che i suoi Tarantola e lei stessa aprono un libro, lo annusano e sanno se sia buono o no. Conosciamo vecchi e nuovi colleghi con la malattia di mettersi la carta perfino sulla lingua e pretendere di conoscere il finale per gusto.
Sia come sia, ma non a uno solo di noi accade, ogni tanto, di avvistare un tifosissimo di Internet, di uno che mette il ritrattino di Steve Jobs sul comodino, al modo che uno di noi mette quello di padre Pio, recarsi a casa con 10 libri al giorno. Libri di carta, da annusare e leggere. E poi rileggere, fino a quando la libreria rimane senza una copia.
Tarantola si sposta. Chiude un pezzo di quel corso Zanardelli.
Tonino Zana
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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