Prati di montagna abbandonati, un progetto per riutilizzarli

L’idea è quella di supportare la filiera di produzione del nostrano Valtrompia Dop grazie allo sfalcio di 17 ettari di prati ora abbandonati
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Nuove prospettive di sviluppo per l’agricoltura di montagna? La Valtrompia ci crede. Lo dimostra il progetto «For(m)aggio» ormai ai nastri di partenza. 

L’idea è quella di supportare la filiera di produzione del nostrano Valtrompia Dop grazie allo sfalcio di 17 ettari di prati ora abbandonati, ceduti in uso gratuito da privati al Consorzio Valli che, col sostegno di Fondazione Cariplo e Comunità montana, offrirà ad alcuni giovani delle cooperative del Consorzio l’opportunità di contribuire allo sviluppo della filiera del pregiato prodotto.

Con 303.000 euro a disposizione (130mila garantiti da Cariplo, 145mila dal Consorzio e 28.000 dalla Comunità montana), «il progetto - ha sottolineato l’agronoma Alice Tanfoglio, che ha presentato l’iniziativa durante il convegno dedicato al rilancio della agricoltura che si è tenuto al Forno fusorio di Tavernole - è stato pensato oltre che per il sostegno della filiera del formaggio, anche per evitare la perdita di identità culturale, conservare l’habitat e salvaguardare il territorio».

Con lo sfalcio dei prati si raggiungeranno numerosi obiettivi, che fanno parte del più ampio progetto legato al Piano di sviluppo locale della Regione Lombardia (cui la Comunità montana ha sottoposto progetti per 6 milioni di euro), tutto dedicato alla montagna. «La graduatoria - ha specificato l’assessore Fava, presente a Tavernole - è questione di giorni»: quindi presto si saprà se in Valle per il prossimo quinquennio si potrà disporre del denaro necessario a finanziare progetti già individuati che vedono il coinvolgimento dei privati in attività di promozione, sviluppo e consolidamento delle filiere agricole e non solo. 

Se il progetto per la produzione del foraggio indispensabile al Dop (foraggio che i produttori si sono già impegnati ad acquistare) è al nastro di partenza, un altro è sulla buona strada e riguarda la stagionatura del formaggio di Valle in miniera. Grazie alla collaborazione dell’Università di Parma si è giunti a questo traguardo, che consentirà tra le altre cose una maturazione in ambiente adeguato, che non consuma suolo nè energia. 

 

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