Cultura

Stefano Baiocco: «Insieme al gusto tecnica ed estetica»

Stefano Baiocco, chef a due stelle di Villa Feltrinelli, racconta la sua filosofia in cucina
Stefano Baiocco
Stefano Baiocco
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Verdure, meglio piatti a base di verdura e ortaggi degni d’entrare nel gran menù del galà conclusivo di Chef per una notte.

È l’originale sfida, ormai in pieno svolgimento, che sta caratterizzando la nostra kermesse di quest’anno. E chi meglio di Stefano Baiocco, chef a Villa Feltrinelli di Gargnano premiato con ben due stelle Michelin, poteva avere nella nostra giuria la delega per valutare questa tipologia di piatti? 
Ingrediente a tutto tondo. Chi meglio di lui che - insieme a mille creazioni sublimi e innovative come gli gnocchi di latte cagliato in casa al caviale o il tortello ripieno di arrabbiata o il salmone in oliocottura solo per citarne alcuni - ha stupito i gourmet con una «semplice» insalata di 142 erbe e fiori o li ha deliziati con 42 tipi di pomodoro nella medesima preparazione?

«Di questi piatti si è parlato fin troppo - si schermisce un po’ Stefano - col risultato che molti identificano la mia cucina con quell’insalata, un piatto che peraltro non è mai stata nei mie menù perché lo realizzo solo quando ho nel mio orto tutto quanto mi serve. Vero è invece che considero la verdura non solo un complemento, ma un ingrediente a tutto tondo, di dignità piena. E poi giocare con i frutti del mio orto o con quelli che, ad esempio, mi arrivano da uno straordinario produttore trentino mi diverte, mi permette spesso di trovare gli elementi giusti per i miei piatti». Ma cosa cerca di esprime Stefano Baiocco con le sue creazioni? «Anche per il particolarissimo ristorante che guido - spiega lo chef - ogni piatto deve essere molto bello e molto buono. Si mangia infatti tanto con gli occhi quanto col gusto e, anzi, il gusto è inevitabilmente indirizzato dagli occhi». 

«È una lezione che ho appreso da tanti maestri che ho frequentato a lungo fin da giovanissimo - aggiunge Stefano - nei tre anni da Pinchiorri a Firenze, nei tre in Francia da Alain Ducasse e da Pierre Gagnaire, poi in Giappone a Hong Kong e negli Usa; un canone che ritrovo negli stage lunghi che mi regalo ogni inverno ad esempio dai fratelli Roca a Girona, da Andoni Luis Aduriz vicino a San Sebastian o da Pascal Bardot a Parigi. In tutte le cucine di qualità di ogni parte del mondo tecnica ed estetica vanno di pari passo per offrire all’ospite una esperienza di godimento completo. Ed anche a Villa Feltrinelli io e la mia squadra abbiamo questo obiettivo».

L’asticella è posta davvero in alto, ma l’indicazione può valere anche per i nostri lettori che si provano con le ricette a «Chef per una notte»? «Alzare sempre l’asticella aiuta a migliorare - dice ancora lo chef marchigiano da ormai 12 anni sul Garda - è la miglior molla per crescere, per me quasi una malattia, il possibile traguardo sempre rinnovato che ti fa vivere serenamente decine d’ore ai fornelli e un lavoro spesso massacrante. Credo sia uno stimolo necessario anche per il cuoco dilettante. Dietro ogni piatto, ripeto bello e buono, deve esserci conoscenza - delle materie prime innanzitutto per apprezzarne la vera qualità non violentarle in cucina - degli ingredienti, delle tecniche, del gusto».
Questo lo spirito con cui interpretare la proposta del Gdb che, lo ricordiamo ancora, mette in palio una serata da chef da vivere gomito a gomito con dei professionisti della cucina. «Ogni piatto dovrebbe essere un passo avanti, un piccolo traguardo raggiunto dal quale subito ripartire con nuovi, ambiziosi obiettivi. Io faccio così e consiglio a chi ama la cucina di fare altrettanto; ed è uno schema che in definitiva vale per ogni cosa nella vita». 

 

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