Cultura

«Siamo cuochi, non extraterrestri»

Cosa c'è dietro la professione del cuoco? Lo raccontano gli stellati del concorso culinario del GdB
Chef per una notte: serata di gala
Chef per una notte: serata di gala
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Abbiamo preso confidenza con la pratica dell’«impiattamento», sappiamo che in una portata conta il bilanciamento tra i sapori e le consistenze, riusciamo persino ad immaginare l’impiego di un uovo di quaglia e le cotture a basse temperature non ci disorientano più. Insomma, dieci anni e passa di abbondanti porzioni di enogastronomia servita via tubo catodico - dalla Prova del cuoco a MasterChef fino ai canali tematici - ci hanno lasciato in bocca nuove parole e forse, qualche conoscenza in più.

E se tra le ambizioni dei più giovani c’è quella di diventare un nuovo Iginio Massari - vera e propria star a cui si chiedono autografi e fotografie - o di replicare la parabola professionale di un Carlo Cracco parte del merito, se così si può dire, va proprio all’esposizione televisiva a cui si sono sottoposti tanti professionisti.

Tuttavia serate come quella al Carlo Magno regalano agli appassionati che ancora tanto hanno da dressare, correggere e sbianchire, una versione più abbordabile, umana e forse schietta dello chef. «Siamo dei professionisti, non extraterrestri, con i piedi ben piantati per terra, che lavorano anche dieci ore tutti i giorni, anche quando è festa» ci dice Philippe Léveillé del Miramonti L’altro di Concesio e L’Altro di Hong Kong. Una constatazione quasi ovvia, ma che riporta tutto alle giuste proporzioni. «Mettere insieme personalità come queste - commenta a fine serata Beppe Maffioli, padrone di casa del Carlo Magno - è un bell’esperimento di alchimia. Se ne esce sempre arricchiti e fa emergere come la cucina sia sempre un luogo dove prima di tutto ci si incontra tra persone».

Dall’altra parte poi gli appassionati, tutti coloro - e sono sempre di più - che desiderano mettere la loro passione al centro della loro vita, anche attraverso delle competizioni come Chef per una notte. «Mettersi in gioco - dice Iginio Massari - ci fa crescere. Entrare in competizione con grinta e determinazione, con il desiderio di arrivare primi, ci permette di cambiare, di evolvere, di sentirci vivi». Insomma: avere a disposizione ingredienti, immaginarne gli accostamenti, lavorare perché stiano bene insieme, fare del proprio meglio per offrire qualcosa di buono all’altro, mettersi in relazione, provare e riprovare che cos’è in fondo questo se non cucinare, pardon, vivere?

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